La Mare Jonio della piattaforma «Mediterranea» torna a salpare il Mediterraneo centrale, per fare quanto ha fatto nella prima spedizione: per monitorare e denunciare quanto accade nelle acque internazionali tra le coste italiane e la Libia. In questo momento di attacco alla solidarietà, di chiusura totale, quando non di condanna esplicita , per i modelli di accoglienza che funzionano e perfino di strambe volontà di confini e muri – o ancora peggio, di un tentativo di non parlare di migranti perché poco «appeal» da un punto di vista pseudo elettorale – da parte di insospettabili, anche a «sinistra», farsi testimone di quanto accade nel Mediterraneo, nonostante i proclami salviniani, e monitorare quelle acque, rendendosi disponibile a salvare vite umane, rimane la missione principale della «ciurma» di attivisti, medici e specialisti della Mare Jonio.

Questa seconda missione parte con meno «sorpresa» della prima ma con la consapevolezza di avere centrato in pieno il punto: lo hanno testimoniato le tante persone che hanno contribuito economicamente all’operazione – mentre scriviamo la raccolta di crowdfunding è a oltre 267mila euro (potete partecipare a questa gara di solidarietà sul sito mediterranearescue.org) e come testimoniato dalle tante persone che hanno accompagnato la Mare Jonio con decine di assemblee, incontri pubblici, interventi di scrittori e intellettuali, grazie alla partecipazione al progetto di spazi sociali, librerie e università.

La «via di terra», poi, grazie alla partecipazione di numerosi e numerose intellettuali, ha portato il progetto in giro per l’Italia, perché «si alzano muri, si chiudono porti, si erigono chilometri di filo spinato a protezione di una fittizia sicurezza economica e nel frattempo negli ultimi nove mesi sono morte più di 1700 persone tra uomini, donne e bambini. Noi non possiamo più stare a guardare».

Nella prima missione, come scrive sul sito la piattaforma Mediterranea, «iniziata lo scorso 4 ottobre e durata 12 giorni, Mare Jonio ha raccolto segnalazioni e Sos di gommoni in difficoltà e il 12 ottobre ha avuto un ruolo determinante nel sollecitare il salvataggio tempestivo di settanta persone in pericolo al largo di Lampedusa, dopo il rimpallo di responsabilità tra Malta e Italia».