Prova di forza dell’opposizione argentina. Il 18 febbraio, a un mese dalla scomparsa del pm Alberto Nisman – trovato morto nel bagno del suo appartamento superprotetto in un quartiere esclusivo della capitale – un’imponente manifestazione ha attraversato il centro di Buenos Aires per confluire in Plaza de Mayo. Una marcia silenziosa sotto una pioggia battente, aperta dalla giudice federale Sandra Arroyo Salgado, ex moglie di Nisman, e dai famigliari più stretti del pm. Tutti, reggevano una bandiera nera, in segno di lutto. Quasi 400.000 persone, a detta degli organizzatori, 60.000 secondo stime ufficiali, hanno sfilato «senza bandiere dei partiti e senza slogan», ma rendendo ben esplicito il tono e il contenuto della manifestazione: un atto di minacciosa sfiducia nei confronti di Cristina Kirchner e dell’arco di forze che la sostiene, in vista delle presidenziali di ottobre. E il grido di «Argentina, Argentina», si è spesso trasformato in quello di «Assassina, assassina». Dietro alla potente corporazione dei magistrati, hanno sfilato infatti tutti gli aspiranti candidati presidenziali di opposizione, a cui i grandi media che hanno sponsorizzato la marcia, come il Clarin, hanno poi offerto il microfono.

Una ragione sufficiente per tenere alla larga dalla manifestazione le componenti critiche del governo, appartenenti però a settori radicali della sinistra sindacale e politica. Lo stesso giorno e con gli stessi intenti, l’opposizione ha sfilato anche in altre città dell’Argentina e all’estero: negli Usa, in Europa e persino in Africa sono comparsi cartelli con la scritta 18F. A Buenos Aires hanno marciato anche i rappresentanti della Daia (Delegacion de asociaciones israeliticas argentinas) e dell’Amia, la mutua ebraica che ha subito il micidiale attentato kamizaze del 18 luglio 1994: il caso su cui indagava Nisman. Assenti, invece, le associazioni dei famigliari delle vittime come Memoria Activa, 18 J e Apemia, che in questi anni hanno lottato per ottenere la verità, ma anche per sottrarsi all’uso politico di quei fatti, prendendo le distanze dalle associazioni legate a doppio filo al governo israeliano e alla Cia. Un’influenza emersa fin da subito nel corso dell’inchiesta sull’attentato, che ha evidenziato depistaggi e loschi interessi.

Nel 2005, l’allora presidente Nestor Kirchner considerò quell’inchiesta un «disonore nazionale» e per questo sostituì il giudice Juan José Galeano, accusato di aver abbandonato la pista che evidenziava connessioni locali con l’attentato e in particolare il coinvolgimento della polizia della provincia di Buenos Aires. Memoria Activa ha accusato davanti all’Osa sia Galeano che lo stato argentino per la distruzione di prove rilevanti. Al posto di Galeano venne nominato Alberto Nisman, che presto seguirà però la pista iraniana, pur lasciando in piedi le accuse contro l’ex presidente Carlos Menem e contro Galeano, per i quali chiederà il carcere nel 2008.

Nel 2010, i documenti resi pubblici da Wikileaks mostrano però che chiese scusa all’Fbi e all’ambasciata Usa a cui inviava preventivamente i dati della sua inchiesta. Per 10 anni, Nisman ha lavorato all’ombra dell’ex uomo forte dell’intelligence, Jaime Stiuso, ex spia della dittatura militare, poi legato agli Stati uniti e al Mossad. Stiuso, “pensionato” da Kirchner – che, dopo la morte di Nisman, ha avviato una profonda riforma dei suoi servizi segreti -, risulta essere stato l’ultimo a telefonare a Nisman. Circostanza che, però, ha negato dopo essere stato convocato dai giudici incaricati di indagare sull’incerto suicidio di Nisman.

Il defunto pm, dopo aver accusato il governo Kirchner di voler coprire l’Iran in cambio di accordi commerciali, pensava di portare in tribunale addirittura la presidente Cristina. Il 19 gennaio avrebbe dovuto discutere in parlamento il suo voluminoso dossier e per questo l’opposizione accusa il governo di averlo ucciso. Il suo fascicolo è ora nelle mani di un altro pm, che ha fatto tornare anzitempo dalle ferie il giudice che dovrebbe dare il via all’inedito procedimento contro la presidente.

Cristina Kirchner ha ricevuto le associazioni delle vittime dell’Amia, convocate anche nell’ampia discussione aperta nel paese sulla riforma dell’intelligence, a cui l’opposizione è ferocemente avversa. Anche papa Bergoglio ha ricevuto in Vaticano Memoria Activa. Il governo ha chiesto agli Usa di includere nelle trattative sul nucleare iraniano anche la vicenda Amia. Intanto, reti e movimenti si mobilitano per sostenere Cristina contro «il golpe suave» in marcia ai suoi danni in Argentina, e i loro auguri ieri hanno reso meno amaro il 62°mo compleanno della presidente.