La notizia è di quelle che non passano sotto traccia nei dintorni della Casa Bianca, anche se Donald Trump è parecchio impegnato nel coordinare i suoi tweet presidenziali con l’attacco militare alla Siria. Per la prima volta la maratona di Boston, la più antica al mondo con oltre 120 edizioni, fino a 45 anni fa riservata solo al sesso maschile, consegna il numero di gara anche alle persone transgender così da poter competere nelle categorie maschile o femminile secondo il genere con cui si identificano. E sono cinque finora iscritti – si corre il 16 aprile -, mentre nel recente passato c’è stato qualche atleta che ha preferito correre sotto pseudonimo, oppure senza iscriversi, mentre molti altri: «avevano troppa paura di provare», ha riferito alla stampa americana Amelia Gapin, transgender di Jersey City, che sarà al via in Massachusetts. «Ci limitiamo semplicemente a inserire nelle liste gli atleti così come si specificano – ha detto Tom Grilk, presidente dell’ente organizzatore della maratona, Boston Atheltic Association, i membri della comunità Lgbt hanno subito troppe discriminazioni nel corso degli anni e preferiremmo non aggiungere anche questo peso».

Insomma, il senso di marcia sembra essere quello giusto, anche perché sulla scia degli organizzatori di Boston si sono mosse anche le organizzazioni di Chicago, Ny, Londra, Los Angeles, dove la registrazione avverrà in base al sesso indicato dall’atleta durante le iscrizioni.

Senza certificazioni legali, mediche. Ed è un segnale molto importante, significativo. La maratona di Boston è riservata ai dilettanti, ma si basa sul rispetto dei tempi di qualificazione, a seconda del sesso e dell’età. E 41 anni fa un funzionario di gara non si era fatto troppi scrupoli a trascinare via dal percorso con metodi assai spicci una donna, Katherine Switzer – registrata come K.V.Switzer – che si era infilata tra gli uomini. Certo, l’argomento resta spinoso, soprattutto per il dibattito sulle gare olimpiche aperte alle donne transgender. Due anni fa i funzionari stabilivano nuove regole, secondo cui avrebbero potuto competere solo con i livelli di testosterone sotto certi limiti. Anche se non esistono supporti scientifici validi e comprovati che attribuiscono vantaggi atletici per le atlete con un tasso standard di testosterone.

Di certo, l’apertura verso le persone transgender alle maratone, sarà andata di traverso a Trump ma soprattutto al suo vice, Mike Pence, ex governatore dell’Indiana. Non esattamente sostenitore della causa della comunità lgbt (in passato aveva sostenuto la validità della terapia di recupero per gli omosessuali), Pence ha già dovuto masticare amaro alle Olimpiadi invernali di PyeongChang per il successo – senza scendere in pista – di Adam Rippon, (pattinatore) e Gus Kenworthy (freestyler), primi atleti gay statunitensi a un’Olimpiade, che non gli hanno lesinato critiche per le sue uscite omofobe.