Al solito, della geologia (e dei geologi) in Italia ci si ricorda solo all’indomani di catastrofi legate a eventi quali terremoti, frane o alluvioni. Al contrario, la geologia e il lavoro dei geologi sarebbero fondamentali per mitigare il rischio e quindi limitare danni e perdite umane. Passati i giorni più terribili del terremoto, il dibattito ora è su come costruire meglio. Concetto ovvio e sacrosanto. Così come è ovvio che nel costruire (o ricostruire) c’è da tenere conto di fattori geologici che sono propedeutici alla progettazione ingegneristica.

Chiunque si sia occupato di terremoti conosce gli effetti di sito. Edifici identici, anche a breve distanza l’uno dall’altro, possono resistere senza problemi o disintegrarsi durante una scossa, in dipendenza del tipo di terreno (substrato roccioso, sedimenti sciolti) su cui sono stati costruiti. E, nelle aree caratterizzate da intensa attività sismica, la microzonazione sismica, atta a rivelare quale sarà la risposta di un determinato sito durante un evento sismico, dipende dalle condizioni dell’immediato sottosuolo, che localmente può essere estremamente disomogeneo.

Da qui emerge l’importanza della cartografia geologica di dettaglio nella pianificazione territoriale. Purtroppo, queste fondamentali attività risentono pesantemente della carenza di attenzione e conseguenti investimenti, sia centrali che locali. D’altra parte parliamo di attività che non producono ricadute immediate e visibili (chi si accorge di un viadotto costruito adeguatamente su terreni consoni e che quindi “sta su” senza problemi?) e pertanto di limitato interesse per una politica che, per sua natura, cerca consenso nell’arco di una o al massimo due legislature.

Accanto a questo difetto di mentalità, l’Italia sconta anche una carenza di cultura geologica generalizzata, che interessa i cittadini ma soprattutto giornalisti e amministratori. Questo porta da un lato a credere che esista una conoscenza scientifica “oggettiva”, dall’altro a scegliere di volta in volta chi detiene questa conoscenza, e che questa porti a scelte quasi obbligate. Un meccanismo perverso, già visto in azione tante volte su aspetti di sanità pubblica.

Quello su cui bisognerebbe far chiarezza è che da un lato si deve ovviamente fare affidamento sul meglio delle conoscenze fornite dalla comunità scientifica di riferimento (in questo caso dove sono le aree a rischio) anche quando queste conoscenze non necessariamente forniscono verità deterministiche (quando colpirà il sisma). Ma soprattutto che le decisioni finali nascono dall’incrocio con numerosi dati di altra natura, in primo luogo socio-economici, e in quel senso diventano decisioni politiche. Insomma, occorre saper ben distinguere tra conoscenza di base, pianificazione e intervento politico.

Il tema dell’interazione delle Geoscienze con il mondo della Scuola sarà uno dei temi che verranno sviluppati durante l’88° Congresso della Società Geologica Italiana (Sgi), che si terrà dal 7 al 9 settembre 2016 a Napoli presso l’Università Federico II. Al terremoto dell’Italia centrale sarà dedicata invece una sessione speciale, in programma la sera del 7 settembre (ore 20-21), nella quale saranno presentati i dati acquisiti a seguito del sisma e lo stato attuale delle conoscenze sullo stesso. Un confronto tra giornalisti e scienziati ci sarà infine il 9 settembre in una tavola rotonda dal titolo «Un rischio calcolato? L’uomo di fronte ai fenomeni naturali, tra studio delle cause e governo delle conseguenze». Il programma dell’88° Congresso della Sgi, le sedi e tutte le informazioni utili sono disponibili sul sito: http://www.sginapoli2016.it/
*Coordinatore dei Corsi di Studi in Geologia Università Federico II