«Un mezzo miracolo: la manovra è solida, espansiva e giusta». Parola di Nicola Zingaretti, entusiasta della legge di bilancio varata nella notte. Il semaforo verde, in realtà, è stato incerto sino all’ultimo, poi la formula magica «salvo intese» ha permesso al consiglio dei ministri riunito fino all’alba di uscire sventolando non solo il Documento programmatico di bilancio, che doveva essere inviato obbligatoriamente a Bruxelles, ma anche la manovra e il dl fiscale.

PER DEFINIZIONE la formuletta in questione indica che non tutto è davvero definito, il premier Conte giura che si tratta solo di particolari ma crederci non è facile. A meno che non si voglia considerare «un particolare» il carcere per i grandi evasori, che è ormai la principale voce in sospeso. Al momento quello è il fronte sul quale l’M5S non è arrivato a dama e non si è neppure avvicinato. L’innalzamento della pena per la dichiarazione fraudolenta da 6 a 8 anni è molto distante dalle misure esemplari invocate ma Luigi Di Maio non si è arreso: «Per noi è irrinunciabile». In ballo c’è ancora anche quota 100, ma lì più nella facciata che nella sostanza. Matteo Renzi ci riproverà, ma anche se l’ex premier è davvero imbufalito lo farà per il lancio della sua Italia Viva, non perché speri in un impossibile azzeramento della legge del governo Conte 1, destinata comunque a non essere rinnovata dopo il 2021 dal governo Conte 2. Inoltre, bisbigliano alcune voci dal fortilizio del Pd, potrebbero essere ancora ballerine alcune coperture, essendo in effetti il conto piuttosto confuso.

Non significa che la soddisfazione del governo sia ingiustificata. La manovra, anche se probabilmente con qualche ulteriore scossa, arriverà in porto. La commissione Ue uscente, alla quale spetterà il compito di giudicarla entro la fine di novembre in assenza per ora di quella nuova, concederà il lasciapassare, anche se più per fiducia politica nel nuovo governo che per la solidità del bilancio vantata da Zingaretti.

I LATI IN OMBRA della manovra sono altri, non il rischio che implichi scontri all’arma bianca nella maggioranza o che Bruxelles s’imbizzarrisca. Il principale è l’ipoteca che grava sui conti del prossimo anno: l’aumento dell’Iva è stato infatti sterilizzato in misura minore del previsto: dovranno comunque essere trovati 18 miliardi, e con previsioni di crescita raso terra potrebbe voler dire trovarsi tra un anno nella stessa situazione di oggi: quella di chi non può fare praticamente niente.

IL SECONDO LATO scuro della prima manovra della nuova maggioranza è precisamente questo. Nella legge di bilancio e nel dl fiscale c’è poco, anzi pochissimo, comunque lo si giri. Il taglio del cuneo fiscale porterà una quarantina di euro nelle buste paga. L’eliminazione del superticket, anche se partirà solo da settembre per ridurre la spesa di due terzi, è un risultato importante e il ministro della sanità Roberto Speranza ha ragione a sventolarlo come un vittoria. Ma non basta a dare un segno e un’anima alla manovra. La stessa «svolta verde», il Green New Deal, non trova ancora riscontri credibili, se non in termini di «segnali» e primi passi. Lo stanziamento di 11 miliardi in 3anni, per un totale di 50 miliardi in 15 anni, è del tutto inadeguato all’obiettivo di azzerare le emissioni da fossili entro il 2050. Anche questo, probabilmente, sarà uno dei passaggi che più verranno ridiscussi di qui all’approvazione finale della manovra, come promette la capogruppo di LeU al Senato De Petris.

QUESTA ASSENZA di un segno chiaro e deciso in qualsivoglia direzione, evidente anche nella scelta di dragare risorse da una miriade di microtasse tra le quali l’unica che garantisce un introito notevole è quella più osteggiata da Confindustria, cioè quella sulla plastica, Conte più di ogni altro intende compensarla enfatizzando al massimo la lotta all’evasione fiscale. Alla fine, il successo o il fallimento di una manovra che è modestissima non nelle cifre ma nelle ambizioni politiche, dipenderà proprio dall’esito di quella crociata. L’innalzamento del tetto del contante, altro punto dolente: «Va bene il tetto, ma non mi si venga a dire che la colpa dei guai dell’economia italiana è di chi si spezza la schiena e la tiene in piedi come idraulici e commercianti», tuona Di Maio. Gli incentivi e le multe anti-contante, poi, non sembrano adeguati per gli obiettivi ambiziosissimi che Conte e il governo si sono dati. Ma la partita il premier la giocherà su quel fronte.