«Commissione UE apprezza riforme italiane. Debito alto, lo sapevamo: acceleriamo riforme e privatizzazioni per ridurlo in modo sostenibile». Il tweet di Pier Carlo Padoan è per qualche ora l’unico commento ufficiale del governo alla “pagella” pubblicata ieri dalla Commissione europea, che chiede «sforzi aggiuntivi per il 2014». Poi, in serata, arriva una nota del Tesoro, a rassicurare: gli obiettivi di bilancio «saranno raggiunti senza ulteriori interventi», dicono al ministero. E aggiungono: dalla Commissione Ue è arrivato un «via libera alle riforme del governo italiano».

Dalle raccomandazioni della Commissione Ue, sottolinea il Tesoro, emerge per l’Italia «una chiara conferma ed un supporto al programma di riforma avviato dal governo e un invito a proseguire speditamente. Vi è anche un forte apprezzamento per l’Agenda di Riforma 2014». La Commissione «condivide pienamente le priorità suggerite dal governo, iniziando dalla piena attuazione della delega fiscale e delle deleghe del Jobs Act. A breve saranno varate le riforme su giustizia e Pubblica amministrazione».

Poi il convincimento che in autunno sarà tutto chiarito, perché la Ue non avrebbe tenuto in conto alcune minori spese già calcolate: «Le stime Ue non tengono conto di alcune voci relative alle minori spese pianificate ma non ancora specificate nel dettaglio e a maggiori introiti, come quelli attesi dalle privatizzazioni».

«Il governo – conclude il Mef – è fortemente impegnato a perseguire un consolidamento fiscale orientato alla crescita e a rafforzare ulteriormente la sostenibilità del debito. È fiducioso che gli interventi pianificati consentiranno di raggiungere gli obiettivi indicati nel Programma di Stabilità e conferma il proprio impegno a introdurre le riforme strutturali».

Ieri mattina dal Pd, prima ancora che arrivasse il pagellone europeo, era tutto uno smorzare sulla possibilità o meno di una manovra. Secondo il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, «non ci sarà bisogno di una nuova manovra». E Debora Serracchiani, vicesegretaria del Pd, gli dava man forte: «Spero e auspico che non sia necessaria un’altra manovra».

Dall’opposizione, Forza Italia coglie la palla al balzo, e interpreta le parole della Ue come un obbligo di manovra per il governo. E lo fa con Renato Brunetta: «Alla fine, com’era prevedibile fin dall’inizio – dice il “falco” berlusconiano – la bocciatura della Commissione europea, pur nel suo linguaggio paludato, è avvenuta». Brunetta cita il testo della stessa Ue: «”Non convalidato da un organismo indipendente (che non sarà tale nemmeno in futuro, aggiungiamo noi) – scrive la Commissione – lo scenario macroeconomico (previsto dal governo, ndr) è leggermente ottimistico, in particolare per gli ultimi anni del programma”».

«Insomma: se non si vogliono correre rischi, anche in considerazione del fatto che la stessa Commissione considera “ambizioso” il programma di privatizzazioni, occorrerà una manovra correttiva entro la fine dell’anno. Dice, infatti la Commissione: “il Consiglio (europeo, ndr) è del parere che siano necessari sforzi aggiuntivi, in particolare nel 2014, per garantire la conformità ai requisiti del patto di stabilità e crescita”».

«Di quanto? – si chiedono infine i berlusconiani – Nessuna indicazione numerica, ma gli specialisti parlano di almeno 9 o 10 miliardi. Renzi quindi non ha incantato i freddi burocrati di Bruxelles, come del resto non aveva incantato noi, quando denunciammo la manovra degli 80 euro in busta paga ai suoi potenziali elettori. La grande stampa aveva elogiato come rivoluzionario un intervento che era semplicemente in deficit. E oggi rischiamo tutti di pagarne il costo, gravato da interessi più che salati».

«Le raccomandazioni della Commissione non comportano la richiesta di una manovra aggiuntiva ma sollecitano le riforme che consentiranno di agire su numeratore della spesa e denominatore della crescita», getta acqua sul fuoco Maurizio Sacconi (Ncd). «L’agenda – spiega – è scritta, ma la qualità degli atti dovrà essere dimostrata». Infine, la consueta minaccia sacconiana ai diritti e alle tutele: «La riforma del lavoro non può eludere il nodo del contratto a tempo indeterminato».