Non è che sia proprio una scoperta sorprendente, ma Conte vede «un diffuso disagio sociale e psicologico da parte di tanti cittadini e operatori economici». Un po’ prova a consolare i disagiati confermando che le misure da lui adottate stanno funzionando. Un po’ rassicura sull’imminente arrivo di nuove risorse per sostenere i bastonati dalla crisi. Allude allo scostamento di bilancio che trasformerà di fatto la legge di bilancio, tramite maxiemendamento che dovrebbe essere concordato con l’opposizione o almeno con Forza Italia. Ieri gli azzurri hanno presentato le loro proposte. Il Pd cinguetta: «Le valuteremo con grande attenzione», promette il vicesegretario Orlando. Berlusconi duetta: «Fi è disposta a valutare il voto favorevole allo scostamento e a migliorare una legge di bilancio inadeguata». Ma il premier allude anche all’altro scostamento, destinato all’intervento immediato con un terzo decreto Ristori. Sulle cifre del doppio scostamento, che dovrebbe ricadere in parte su quest’anno e in parte sul bilancio del prossimo, nessuno nella maggioranza azzarda ipotesi. Arrischia qualcosa di più preciso proprio Fi: «Servono 20 miliardi per il 2020, 50 o 60 per il 2021».

DI CERTO I CALCOLI col misurino per riscrivere di fatto una manovra già appassita sono complicati. Tanto che neppure ieri mattina la legge di bilancio, approvata «salvo intese» il 18 ottobre scorso e in via definitiva all’inizio di questa settimana, era arrivata alla Camera. Persino il Pd è sbottato, con il capogruppo Delrio: «Un mese di ritardo mette il parlamento in condizione di lavorare male». Alla fine, ieri sera, il testo è stato consegnato al Colle e firmato da Mattarella. L’ennesimo ritardo è dipeso probabilmente anche dalla necessità di armonizzare il testo con le altre due tranche della manovra, il decretone Ricoveri e uno scostamento per il 2021 che potrebbe rivelarsi maxi.

Puntualissimo invece il giudizio della Commissione europea sulla manovra italiana. Dietro i toni felpati, la perplessità è palese. Non si tratta di una bocciatura ma di un monito senza dubbio sì. «Alcune misure di Francia, Italia, Lituania e Slovacchia non sembrano essere temporanee o accompagnate da misure di compensazione», si legge nel verdetto di Bruxelles. Con riferimento esplicito al bonus famiglie che avrà «effetti permanenti sulle finanze pubbliche». L’Italia è dunque invitata a «rivedere regolarmente l’efficacia e l’adeguatezza delle misure di sostegno e ad essere pronta ad adattarle alle mutate circostanze».

PER ORA IL SEMAFORO verde sulle misure eccezionali anti Covid non è in discussione, ma subito dopo la fine dell’emergenza il controllo sul debito tornerà a tenere banco. Come al solito il più esplicito è il vicepresidente Dombrovskis: «È particolarmente importante assicurare che, quando si adottano misure di sostegno, venga preservata la sostenibilità di bilancio». È l’ennesima esortazione in pochi giorni a non perdere di vista il debito. Si accompagna alla doccia fredda piovuta sul progetto di prendere solo gli 80 miliardi a fondo perduto del Recovery Fund, i grants, e magari usare la cospicua parte in prestito, i loans, non per investimenti ma per ricomprare titoli del debito. Il pollice del board della Bce si è piegato all’ingiù, al punto, secondo alcune indiscrezioni, di minacciare di rimettere sul mercato i titoli italiani acquistati. Il commissario Gentiloni ha tradotto: «Prendere solo i Grants vorrebbe dire usare mezzo bazooka». Non se ne parla.

TANTO PIÙ IMPORTANTE è dunque un arrivo non troppo ritardato del Recovery Fund. Ma su quel fronte la soluzione non appare vicina, dopo che anche la Slovenia ha aggiunto il suo veto a quelli di Ungheria e Polonia. Nella videoconferenza informale dei leader Ue di oggi ci sperano in pochissimi. Ci vorranno una decina di giorni, se tutto va bene. In caso contrario la palla avvelenata potrebbe passare alla riunione del Consiglio europeo del 10-11 dicembre. Dunque anche solo l’avvio delle ratifiche da parte dei parlamenti nazionali prima della fine di dicembre sembra ormai un miraggio.
Il ritardo del Recovery rende sempre più spinosa la questione Mes: i 5S lo danno per sepolto, il Pd è di parere opposto, Fi lo mette tra le condizioni del suo voto per lo scostamento, il presidente del Parlamento europeo Sassoli corregge il tiro: «Va trasformato in strumento europeo ma quello sanitario va preso. Quei 400 miliardi vanno usati».