«La mano è dell’Isis, ma dietro ci sono forze politiche»
Turchia Intervista al sindacalista e attivista Murad Akincilar: i kurdi ne sono convinti, l'attacco è opera dello Stato Islamico ma la responsabilità è delle autorità turche che puntano a distruggere il movimento di resistenza kurdo
Turchia Intervista al sindacalista e attivista Murad Akincilar: i kurdi ne sono convinti, l'attacco è opera dello Stato Islamico ma la responsabilità è delle autorità turche che puntano a distruggere il movimento di resistenza kurdo
Un attacco odioso perché va a colpire i movimenti di base kurdi in Turchia, quelli che da mesi – ostacolati fisicamente dalle autorità di Ankara – sono gli unici avamposti di Rojava fuori. I civili, appoggiati dai partiti kurdi turchi, dallo scorso anno hanno aperto le braccia all’arrivo di migliaia di profughi in fuga da Kobane e i cuori alla resistenza contro l’estremismo islamista dell’Isis e la repressione neoliberale dello Stato turco.
Murad Akincilar, sindacalista e attivista kurdo di lungo corso, direttore dell’Istituto di Ricerca Politica e Sociale di Diyarbakir, ne è convinto: l’attacco di ieri è stato portato avanti dallo Stato Islamico, ma dietro a manovrarne le fila sono ben altre forze. Che indirettamente operano per l’indebolimento del movimento di lotta kurdo.
Avete già informazioni o sospetti su chi potrebbe aver compiuto il sanguinoso attacco di ieri a Suruç?
Sicuramente i responsabili sono gli stessi dietro l’attentato a Diyarbakir prima delle elezioni [il 5 giugno scorso, due giorni prima del voto, due bombe sono esplose durante il comizio del leader del partito Hdp, Demirtas, provocando due morti e 150 feriti, ndr]. È stato lo Stato Islamico. Ma l’Isis non è che la prima linea, è la forza pioniera di tutte quelle altre forze che cercano di limitare e contenere il movimento di lotta kurdo.
Intende Ankara? L’esplosione è la dimostrazione che l’Isis è attivo in Turchia: non utilizza solo il confine per entrare in Siria ma ha cellule in territorio turco.
Il governo turco ha sempre visto l’Isis come forza di distruzione del movimento kurdo e delle aspirazioni autonomiste del Kurdistan. Per questo lo ha sempre indirettamente sostenuto e, in molti modi diversi, ne ha garantito la crescita. Ora le autorità mettono in campo tentativi cosmetici per limitare gli islamisti dentro la Turchia. Ma sono solo cosmesi perché è troppo tardi: sono destinate a raccogliere gli effetti di due anni di estrema tolleranza delle attività dello Stato Islamico. È troppo tardi ormai per la Turchia, non può fermare ora l’Isis né mostrarsi al mondo come un valido freno.
Attaccare il centro culturale Amara, bastione dell’organizzazione di base kurda al confine con la Siria, serve ad indure la popolazione a interrompere le attività o a vendicarsi per l’umiliazione subita a Kobane?
L’Isis ha perso la battaglia in Rojava. Per questo ora a Kobane come a Suruç porta avanti una strategia militare che ha come target i civili. Quel centro culturale era il luogo di coordinamento delle attività culturali ma anche delle politiche di sostegno a Kobane e la sua gente. L’esplosione si è verificata durante l’incontro di un’organizzazione giovanile di sinistra, la Federazione Socialista Giovanile, che aveva portato lì 300 giovani con l’obiettivo di coordinare la costruzione di parchi e luoghi di svago per bambini a Kobane. Ma erano già da tempo target, nei media e nei social media, da parte delle stesse forze di cui parlavamo prima perché non sono solo strumento di aggregazione per i kurdi ma anche mezzo di organizzazione della solidarietà internazionale.
Quale pensa sarà la reazione di Suruç ad un attacco barbaro che ha colpito i suoi giovani?
L’attacco creerà allarme tra la popolazione, ma non fermerà le attività di sostegno a Rojava. Il movimento popolare di solidarietà non ne uscirà indebolito, seppur vivrà un trauma di cui tenere conto. La gente sa che non si tratterà dell’ultimo attacco, ce ne saranno sempre altri: per cui la resistenza non può fermarsi. Questi attacchi sono la controffensiva militare dell’Isis: noi kurdi sappiamo che l’unica forza militare in grado di reprimere gli islamisti sono le unità di protezione popolare, le Ypg e Ypj. L’Isis non è in grado di piegare i kurdi a Rojava e li colpisce con attentati nel sud della Turchia. È la loro controffensiva, disumana e ingiusta: colpisce i civili per punire il movimento, ma soprattutto per indebolire il movimento di resistenza, che è popolare e di base.
Visto il ruolo centrale turco, pensa che l’approccio politico nazionale verso la Siria e il Kurdistan possa cambiare dopo l’ottimo risultato ottenuto dall’Hdp alle elezioni?
Il partito di maggioranza, l’Akp, ha perso la possibilità di governare come partito unico e ora zigzaga tra due tentazioni: sabotare la coalizione di governo e accaparrarsi il paese o andare ad elezioni anticipate. In entrambi i casi opera attraverso la paura della popolazione dell’apertura di un fronte militare in Siria. Minacciando un intervento mlitare, Erdogan spera di compattare il paese e aumentare il consenso con il terrore di una guerra.
C’è però un’altra tendenza, alternativa a quella dell’Akp: una coalizione di governo da cui l’Akp sia escluso, che tenga insieme le forze di opposizione. Questo modificherebbe l’approccio verso il processo di pace con i kurdi. Per questo tale opportunità è boicottata dall’Akp: Erdogan sta lavorando per modificare gli equilbri di forza sul campo politico attraverso la minaccia siriana e quella kurda.
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