Mentre è sempre più netta l’impronta ideologica Alt-right impressa da Steve Bannon alle convulse politiche di Trump, in Vaticano si intravede una trama che connette il regime ordinovista di Washington agli ambienti integralisti cattolici che hanno lanciato un offensiva contro papa Francesco. Con i manifesti contro il papa, affissi anonimamente a Roma sabato scorso, sono affiorati i contorni di uno scontro in atto fra riformisti e integralisti e quelli di un ordito che legano questi ultimi agli elementi più reazionari della nuova Casa bianca. Il testo dei manifesti che denuncia la «decapitazione» dell’ordine di Malta pongono al centro della vicenda il cardinale Raymond Burke, già arcivescovo di St. Louis e leader della destra tradizionalista della chiesa Americana. Burke è figura assai influente in Vaticano.

O almeno lo era: il contrasto con Francesco gli era già costata la prefettura della segnatura apostolica cui era stato nominato da Benedetto XVI. Rimosso, è stato designato da Bergoglio a patrono dell’ordine di Malta: in pratica un esilio. Ma i recenti contrasti sempre più marcati fra Burke e il pontefice hanno portato prima alla sua rimozione dalla congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti e un paio di settimane fa da quella di legato presso l’ordine cavalleresco «maltese». Il papa lo aveva sostituito con monsignor Angelo Becciu. Allontanato dall’ordine anche il Gran Maestro Matthew Festing, conservatore legato a Burke. Da qui il riferimento sui misteriosi manifesti, alla «decapitazione» dell’ordine. Non può esserci dubbio quindi che dietro le affissioni ci siano ambienti vicini a Burke. Il prelato tradizionalista che da arcivescovo del Wisconsin aveva reintrodotto la messa a rito tridentino, è fautore di una opposizione aperta alle riforme di Bergoglio. In particolare è stato firmatario assieme a un gruppo di porporati «emeriti», di una lettera di contestazione all’enciclica Amoris Latetitia con cui il papa aveva aperto ai sacramenti per i cattolici risposati.

A settembre i cardinali avevano presentato cinque «dubia» chiedendo «chiarimenti». In seguito avevano reso pubblica la contestazione chiedendo una «correzione papale» che rescindesse il diritto alla comunione per quei fedeli che non avessero ottenuto l’annullamento ecclesiastico prima di risposarsi. Un atto pubblico di insubordinazione da parte di un cardinale che dopotutto in passato aveva reclamato l’interdizione a confessarsi per politici americani come Nancy Pelosi e John Kerry che si sono pronunciati favore dell’aborto. Burke – non nuovo alle polemiche – pare ora deciso a schierarsi apertamente. Una decisione su cui avrebbe influito la vittoria di Trump. Dopo le elezioni di novembre Burke ha elogiato il nuovo presidente, affermando che la sua vittoria rappresenta una vittoria per le forze «a favore della vita» dicendosi anche soddisfatto dei «saggi consiglieri» di cui il nuovo presidente ha «dimostrato di sapersi circondare». Riferimento che comprende Steve Bannon, eminenza grigia e ideologo suprematista dell’attuale Casa bianca di Trump. Burke e Bannon hanno avuto modo di incontrarsi e come abbiamo già raccontato sul manifesto, Bannon è intervenuto nel 2014 a una conferenza dell’Istituto Dignitatis Humanae, presieduto da Burke e fondato da Benjamin Harnwell, collaboratore di Breitbart News, diretto proprio da Bannon.

In quell’occasione Bannon ha esposto la propria visione politica apocalittica e millenarista e fatto appello alle forze «sane» della chiesa tradizionalista per unirsi alla guerra prossima ventura contro il «marxismo culturale», laicismo e islamofascismo. «Siamo agli albori di un conflitto sanguinoso» aveva detto allora, «contro questa barbarie che minaccia tutto ciò che abbiamo ereditato negli ultimi 2000, 2500 anni».

Altrove Bannon, che sostiene l’esistenza di una «quinta colonna islamica in Occidente» ha sposato tesi sul primato del capitalismo giudaico-cristiano e sui «cicli storici di purificazione».
La visione di un novus ordo seculorum che dovrebbe emergere da una ristrutturazione «inevitabilmente dolorosa» comprende, per dire, la previsione di un conflitto armato con la Cina nei prossimi cinque o dieci anni.

Il blocco delle frontiere e la lotta all’immigrazione è dunque prioritario per Bannon e per la sua malcelata separazione delle razze come salvaguardia dell’Occidente.
È anche un ulteriore punto di convergenza per i tradizionalisti di Burke che aborrono la misericordia predicata da Francesco.

Parafrasando Trump, Burke ha affermato che «la carità deve sempre essere intelligente, chiedersi chi sono questi immigrati, sono davvero profughi?» E forse per ribadire il concetto, giorni fa Burke ha incontrato Matteo Salvini.

Trump e Papa Francesco rappresentano insomma sempre più i poli opposti di uno scontro politico globale che sembra passare in parte da Roma. Non è casuale in quest’ambito l’apertura di un ufficio di corrispondenza Breitbart in Vaticano.

Il titolare è Thomas Williams, ex prete legato ai Legionari di Cristo (ordine travolto da una scandalo legato alla pedofilia del fondatore Marcial Maciel Degollado). Al New York Times Williams conferma che la sua direttiva è di inviare corrispondenze ai partigiani di Burke, e critiche del papa.

Un intruglio degno di un copione dello

di Sorrentino, col suo pontefice trumpiano di New York e le congiure di palazzo, da cui si evince soprattutto l’influenza nefasta destinata ad emanare sul resto del mondo da una Casa bianca neofascista.