Il vertice è alle 15 e tutti i leader del centrodestra sanno che il candidato, almeno per la piazza romana, deve uscire fuori. Ma perché il pennacchio di fumo sia bianco è essenziale che si sblocchi un’altra situazione paralizzata, quella del Copasir. Qui non c’è alternativa al cedimento della Lega, che infatti diserta la votazione ma consente la sofferta elezione, con sette voti e un astenuto, del fratello Adolfo Urso. La fine del tormentone apre la strada all’accordo per Roma nel vertice al quale partecipano anche Coraggio Italia, con Gaetano Quagliariello, la new entry in arrivo dai 5S Emilio Carelli, Vittorio Sgarbi e Noi con l’Italia. Soluzione salomonica. Un tandem: Enrico Michetti, il campione di Giorgia Meloni, sarà candidato sindaco, Simonetta Matone, sostenuta da Fi e Lega, vicesindaca. Anzi «prosindaca» che suona molto più paritario.

PARE CHE il ticket sia stato suggerito anche dai sondaggi. La destra è certa di arrivare al ballottaggio. A quel punto, secondo il verdetto delle rilevazioni, bisogna vedere chi sarà l’antagonista. Se fosse Virginia Raggi converrebbe schierare la magistrata, se invece la spuntasse Gualtieri sarebbe più opportuno l’avvocato amministrativista. Nell’incertezza, perché non metterli in campo entrambi? Salvini consulta seduta stante, al telefono, Simonetta Matone, che si prende giusto pochi minuti per pensarci sopra, poi accetta. All’uscita sorrisoni distesi e pacche sulle spalle. «Michetti non lo conoscevo. Mi ha colpito la sua concretezza», si diffonde in complimenti il leghista. «Due straordinari professionisti che ringraziamo per essersi messi a disposizione della capitale», giubila la sorella d’Italia, soddisfattissima del doppio risultato incassato: il Copasir e la candidatura romana. Il prezzo pagato a Fi per aprire ai cancelli all’amministrativista con la passione per le radio della Lazio, via libera siglato con telefonata della leader di FdI a Berlusconi, è la Calabria. Il candidato presidente, anche se la nomina non è ancora ufficiale, sarà Roberto Occhiuto. Già messo nero su bianco invece il nome del concorrente per Torino: Paolo Damilano.

IN SETTIMANA, annuncia Salvini, verrà ufficializzata la candidatura di Occhiuto in Calabria. Per Milano e Bologna ci vorrà un po’ di più. Il vertice è riconvocato per mercoledì prossimo e la scelta arriverà in quell’occasione. Nella capitale lombarda in lizza sono rimasti Maurizio Dallocchio, Oscar di Montigny, genero di un alto dignitario berlusconiano come Ennio Doris, e Maurizio Lupi. Salvini punta soprattutto sul secondo, sempre che non spunti a sorpresa un nome più forte. Ma Lupi non ha perso le ultime speranze. A Milano la vittoria della destra è quasi impossibile. La sconfitta di Lupi, che comunque rientrerebbe nel gioco politico come consigliere di spicco, danneggerebbe l’immagine di Salvini meno della batosta subìta da un suo campione. A Bologna se la giocano Mugavero, Battistini e Cangini, che ha dalla sua i sondaggi anche se il leader leghista preferirebbe un non politico, in particolare Mugavero. La scelta dovrà aspettare una settimana e forse qualche altro sondaggio.

PERÒ, PER QUANTO i sondaggi possano aver effettivamente pesato sulla scelta di Roma, è chiara anche l’intenzione di ricucire gli strappi delle ultime settimane con una soluzione salomonica. C’è in effetti un cambio di clima che si avverte anche nella spinosa vicenda della federazione. La marcia è stata rallentata dall’opposizione molto agguerrita interna al partito azzurro ma procede comunque. Le voci dal vertice di ieri assicurano che la relazione tra Lega e Fi era visibilmente molto più stretta di prima: si muovono già come una federazione di fatto. Però Salvini invia segnali di distensione all’alleata-rivale Giorgia. Svela che Berlusconi gli aveva proposto l’unificazione ma che secondo lui, per ora, è meglio procedere più piano, stringendo il rapporto tra i gruppi parlamentari. Certo, aggiunge, sarebbe bello se alle elezioni politiche si arrivasse con un partito unico che includesse anche FdI. Fedriga auspica almeno l’ingresso di sorella Giorgia nella federazione. E nel quartier generale FdI qualche spiraglio, con massima discrezione, si è aperto. L’ipotesi del partito unico non la prende in considerazione nessuno e del resto con appartenenze diverse al Parlamento europeo sarebbe una formula impraticabile. Ma di un intergruppo parlamentare qualcuno inizia a parlare e sulla federazione tra Lega e Fi la Meloni usa adesso toni molto più che concilianti: «È un tentativo più che giusto da parte dei partiti del centrodestra che sostengono Draghi». La realtà è che la competizione interna ha reso la partita delle amministrative sin qui disastrosa per la destra. Forse anche i leader di quella coalizione hanno iniziato a rendersi conto di dover cambiare strada.