Un nuovo progetto per Max Casacci, musicista produttore, anima fondatrice dei Subsonica e in passato anche con gli Africa Unite. Ma Earthphonia (Slowfood), il titolo, non è semplicemente un libro – scritto a quattro mani con Mario Tozzi – né il cd che lo compongono. Piuttosto è una sorta di riflessione sul senso dell’esistenza umana e sullo stato del pianeta, attraverso una fusione fra suoni della natura e strumentazione elettronica. Così incontriamo il canto di una balena, le gocce d’acqua di un torrente, pulsazioni vulcaniche, tuoni trasformati in un ritmo o in una tessitura armonica.
«L’idea di articolarlo in questa forma – spiega il musicista torinese – è nata durante il lockdown. Da quasi dieci anni mi occupo parallelamente di trasformare rumori e ambienti sonori in musica, nel 2011 alla Biennale insieme a Daniele Mana ho trasformato una fornace di Murano in un corpo ritmico per un’opera di musica in vetro. E da lì in avanti ho proseguito: ho abbandonato l’implementazione degli strumenti, acustici e elettronici, per concentrarmi solo sul rumore, sul suono, riuscendo ad estrarre delle melodie e delle tessiture armoniche. Però il mio ambiente naturale di riferimento è stato lo scenario urbano, la città è sempre stata il mio unico elemento sia per quanto riguarda le canzoni che per quanto riguarda la parte ritmica ed estetica. La casualità ha voluto che inciampassi nei suoni della natura in vacanza sull’isola di Gozo, a Malta, dove sento parlare di un luogo dove ci sono delle pietre che riescono a emettere dei suoni. Insieme a Luca Saitti, artista e regista visivo, ci siamo messi alla ricerca di questa località. Trovate le pietre, ci mettiamo a registrare – io con un registratore digitale e Luca con una videocamera. E con sorpresa una volta tornati a casa ci accorgiamo, allineando i file che avevamo avuto modo di sincronizzare, che queste pietre sono intonate tra di loro e in grado di generare intervalli armonici, come fossero elementi di un’orchestra preistorica. E da lì sono nati un brano musicale e un video a testimonianza di quel luogo, arrivati poi all’attenzione di Michelangelo Pistoletto che mi chiede se sarei in grado di realizzare una cosa simile sull’acqua di Biella. Io rispondo di sì e passo una giornata alle sorgenti munito di microfono, per capire quale storia raccontare. Ne esce un’opera di venti minuti che poi riduco a un pezzo dalla durata più praticabile, è Watermemories».

IL DISCO PARTE dall’aria, dagli uccelli e dalla biodiversità del Delta del Po – Delta – sfociando nell’oceano Oceanbreath – ascoltando sotto terra il suono delle radici di una foresta – Roots Wide Web. Un’operazione complessa: «Innanzitutto dobbiamo concepirlo come un lavoro di musica elettronica, quello che Pistoletto descrivendo il terzo cerchio della formulazione del paradiso ‘ chiama l’artificio che l’uomo deve ottimizzare per ritrovare un equilibrio con la natura’. L’artificio ha giocato un ruolo fondamentale, ma senza di esso, nella fattispecie un software musicale, non mi sarei reso conto che le pietre di Gozo erano intonate. Per cui la tecnologia che ci ha disallineato nell’arco del secondo paradiso descritto da Pistoletto nella natura, invece oggi tende a offrirci delle possibilità per ricreare un equilibrio. Questa è la premessa. Tecnicamente ho utilizzato macchine diverse: da quelle più semplici, il campionatore, a quelle più elaborate per cui si va sulle sollecitazioni armoniche dei file sonori per estrarre delle armonie, cercare suoni che immagini ci siano e poi lavorandoci vengono fuori. Tipo un coro di voci bianche dalle sorgenti del torrente Cervo; le intuivo, le sentivo ed effettivamente sono riuscito ad estrarle. Ho utilizzato anche tecniche più complesse, come il campionatore granulare che prende un frammento sonoro e lo accelera in modo talmente veloce tanto da farlo diventare un’armonica in base».

PARALLELAMENTE alla elaborazione delle musiche, Casacci prende consapevolezza dell’importanza di associare un testo scritto: «Mario Tozzi mi ha messo in contatto con Carlo Petrini, e così mi sono reso conto di avere a disposizione un dream team che se avessi voluto comporre a tavolino non sarei riuscito nemmeno ad immaginare. E soprattutto persone che mi hanno fatto conoscere altre che assolutamente ignoravo. Mi hanno introdotto a una serie di curiosità incredibili: scopro che ci sono pesci in grado di cantare in coro, così come api che prendono il cibo cantando. Tutte questi piccoli elementi e stupori dovevano essere accompagnati da un contenuto scritto, anche se questi brani cerco di farli vivere di vita propria». La natura che suona in Earthphonia è una natura che basta a se stessa: «Certo che inserita in un contesto diciamo adeguato riesce ad essere fruita in modo molto più intenso».
Tra riflessione teorica e narrazione Casacci e Tozzi intervistano – o per meglio dire conversano – con personaggi assai diversi fra loro: Michelangelo Pistoletto, Stefano Mancuso, Vasco Brondi, Carlo Petrini. Earthphonia è operazione affascinante che si basa su un presupposto imprescindibile: non è il compositore a creare la partitura, ma sono le note ad arrivare direttamente dagli ambienti naturali tanto da guidare il processo creativo. «Ogni brano – sottolinea Casacci – ha avuto una gestazione a sé stante, il processo creativo mi ha tenuto un passo indietro rispetto agli stimoli che l’ambiente sonoro mi stava dando. Cioè non stavo componendo con il mio strumento nella mia comfort zone, dove magari riproduci un giro di accordi che conosci. Lì proprio gli stimoli sonori più evidenti ti dicono cosa può tenere una forma musicale, ritmica , armonica. Fai tentativi, torni indietro e navighi molto a vista ed è proprio questo che mi ha spronato maggiormente. Ho cercato una natura vibrante che smuove delle corde emotive profonde e dall’altra parte ho evitato di rimanere intrappolato in una narrazione concettuale, nel senso che io lo considero un album di musica pop perché per i brani che scrivo – aldilà di alcuni episodi sperimentali che servono a me per scoprire nuovi linguaggi- non voglio che ci sia una selezione all’ingresso. Voglio che chiunque con un paio di informazioni, se vuole, possa entrare in un mondo diverso, lontano da quello della canzonetta mordi e fuggi. C’è tantissima musica perché la fruiamo con oggetti che maneggiamo delle volte in modo compulsivo, la ritualità che ci portava in passato a mettere un vinile sul giradischi e abbassare la puntina, generava un’attenzione diversa. Oggi non è più così, quindi occorre aver voglia di entrarci dentro, ma lo si può fare tranquillamente senza bisogno di sentirsi già alfabetizzati nei confronti della musica elettronica, di John Cage o di chicchessia».

I CAPITOLI del libro possono essere considerati una sorta di strumento aggiunto nella lotta per la preservazione dell’ambiente: «Sì, Earthphonia può essere letto anche così. Gli articoli in prima pagina, l’esigenza di intervenire in tempi rapidi sono come segnali d’allarme per tutelare le condizioni del pianeta. Però non è sempre detto che in quella condizione emotiva diamo il meglio per cercare soluzioni più adeguate e creative. Io ho provato a suggerire una strada diversa, assolutamente non alternativa ma che affianca la battaglia per l’ambiente, però ho voluto metterla al centro. Perché se vogliamo proteggere questo disgraziato mondo, dobbiamo farlo anche sottolineandone le sue parti più fragili e preziose».