Hanno una lunga tradizione le «scuole nella foresta» nei paesi del nord Europa, dalle «friluftsliv» (scuole all’aria aperta) in Danimarca alle «waldenschool» in Germania alle «Forest School» in Inghilterra e nei paesi anglosassoni come Canada e Stati Uniti.

C’è un’immagine che sintetizza efficacemente questa scuola di pensiero, è una robusta quercia alla cui base c’è una capanna costruita con ramaglie, ci sono dei bambini che giocano, leggono libri, intrecciano cordami. Il bel libro, scritto su carta ecologica ruvida – e gli occhi non si stancano a leggere e guardare le illustrazioni – si intitola L’école de la foret. È un manuale pratico per bambini dai 3 agli 11 anni che vengono guidati passo passo. Gli autori sono diplomati in pedagogia «Forest School», uno è stato guida campestre e l’altra scultrice su legno, nelle varie attività da loro svolte.

Si tratta di una vera cassetta degli attrezzi per liberare i cinque sensi dei nostri figli più piccoli. Questo agile testo si propone, nella maniera più pragmatica possibile, di accompagnarli nella foresta per insegnare loro ad osservare la natura, attraverso il riconoscimento di piante, animali e anche tracce di animali. Poi viene l’udito, con una guida attraverso l’ascolto dei versi degli uccelli e degli altri abitanti del bosco, e l’odorato (si impara il profumo delle erbe, delle resine, dei fiori) e poi ancora il tatto, apprendendo a costruire partendo dai materiali che in un bosco si trovano – a costruire una capanna, un arco, intrecciare una scala di liane. E si finisce con il gusto, imparando a riconoscere le erbe e le bacche commestibili.

La necessità del selvatico, il ritrovare negli elementi naturali una possibile bussola per la vita, non è mai stato percepito impellente come in questo momento di riscoperta della natura e soprattutto dopo la sospensione di ogni escursione a causa del confinamento da Covid-19. Le quattro pareti di una casa, la costrizione di uno schermo sempre acceso, il non potere uscire non possono che fare riflettere e considerare su tutto quello che la foresta e più in generale gli spazi aperti possono insegnare ai nostri ragazzi.

La DAD – la cosiddetta didattica a distanza che tanto fa discutere in questi giorni – non fa che distanziare qualunque vera didattica esperienziale. Astrarre un essere umano nella fase della sua crescita dal contatto con gli elementi naturali, oltre che dalla socialità, non genera altro che ansia, sfiducia e perdita di autostima.
Leggere in questo moomento un testo come L’école de la foret ci permette di progettare – a poche settimane dalla (probabile) riapertura delle scuole – come riorientare in maniera completamente diversa un ripensamento sul modo di fare scuola per i bambini.
Gianfranco Zavalloni, direttore didattico e ideatore con Daniele Zavalloni della Risea, rete italiana delle scuole di ecologia all’aperto, ma ancor più autore geniale di un Manifesto dei diritti dei bambini e delle bambine, è tra quanti nel nostro Paese hanno immaginato e praticato un’idea della scuola diversa.
I bambini hanno il diritto a tempo non strutturato, hanno diritto a un tempo loro, un tempo per potere immaginare e sognare, osservare. I bambini hanno il diritto di arrampicarsi sugli alberi, di giocare nei pantani quando piove, di sporcarsi le mani ed i vestiti: ogni singolo articolo di quel Manifesto è stato sistematicamente violato e calpestato.

Gli occhi li abbiamo per guardare a 360 gradi e non solamente nella direzione obbligata di uno schermo. Adesso che è terminata questa clausura leggere questo libro prezioso potrebbe tornare molto utile. Che un bambino impari a riconoscere quale albero è il più adatto per legarvi con sicurezza la sua altalena o costruirvi una capanna in cima, è un ottimo obiettivo per trascorrere al meglio questa strana estate.

E quel giorno, sull’altalena autocostruita o sulla capanna, potrà essere salutato da tutti con un sorriso pieno di fiducia. Da tutti, non solo dai genitori più avveduti o dagli educatori più attenti.