Stop ai fondi europei destinati all’Ungheria. Nello scontro che da mesi contrappone le istituzioni europee a Budapest sullo stato di diritto, il parlamento Ue fa un passo in avanti approvando con 416 voti a favore, 124 contrari e 33 astensioni una risoluzione con cui si chiede a Commissione e Consiglio di resistere alle pressioni ungheresi per lo sblocco dei finanziamenti. Il voto spacca però la maggioranza italiana, con Fratelli d’Italia e Lega che si esprimono contro la risoluzione e Forza Italia che vota a favore, con l’unica eccezione dell’eurodeputato Massimiliano Salini che ha votato contro. Astenuta, invece, la leghista Gianna Gancia. «Meloni e Salvini procedono a braccetto con chi reprime il dissenso, con chi chiude i media di opposizione e con chi vuole ridurre al silenzio assoluto donne e minoranze Lgbtq+» è il commento a caldo della vicepresidente dell’europarlamento Pina Picierno (Pd), per la quale «il voto odierno è un campanello d’allarme per il nostro Paese e per la nostra collocazione internazionale».

La parola passa adesso alla Commissione che già mercoledì prossimo potrebbe decidere se dare seguito all’indicazione arrivata dal parlamento. In caso positivo il taglio, che dovrà comunque ricevere il via libera anche del Consiglio europeo, sarebbe di 7,5 miliardi di euro, un terzo rispetto ai 22/23 miliardi che Budapest dovrebbe ricevere dal bilancio europeo. E potrebbe non essere l’unica sanzione visto che si ipotizza anche una sospensione del Pnrr.

Un chiaro segnale al premier magiaro Viktor Orbán del resto era già arrivato lo scorso mese di febbraio, quando la Corte di giustizia europea ha respinto il ricorso con cui Ungheria e Polonia chiedevano l’annullamento del meccanismo, introdotto nel 2021, che permette all’Unione europea di tagliare i fondi a Paesi membri che non rispettano lo stato di diritto. Poi, a settembre, un altro avvertimento con il voto favorevole sempre del parlamento europeo a una relazione nella quale l’Ungheria veniva definita una «autocrazia elettorale». Anche in quel caso Lega e Fratelli d’Italia, non ancora al governo, votarono contro distinguendosi da Forza Italia. Tre giorni dopo la proposta della Commissione di procedere al taglio di un terzo dei fondi destinati e la sospensione del Pnrr visto che da Budapest, nonostante le promesse, non arrivavano segnali positivi.

Pur di evitare le sanzioni, Budapest ha provato a mediare con l’Ue proponendo 17 misure che avrebbero dovuto dimostrare la sua volontà di collaborazione. Tra queste l’istituzione di una autorità indipendente anti-corruzione e una riforma delle norme sugli appalti. «Non sono sufficienti ad affrontare il rischio sistemico per gli interessi finanziari dell’Ue» anche se venissero attuate completamente, ha sentenziato l’europarlamento esortando i Paesi a Ue ad adottare le misure contenute nel regolamento sulla condizionalità «al fine di proteggere il bilancio Ue dalle violazioni dei principi dello stato di diritto in Ungheria». I deputati hanno però chiesto alla Commissione che non sia il popolo ungherese a pagare per la mancanza di cooperazione del loro governo e di cercare quindi un modo per distribuire ugualmente i fondi europei attraverso le autorità locali e le ong.

Viktor Orbán ieri ha voluto comunque mostrasi ottimista circa il possibile esito finale delle vertenza: «Abbiamo completato tutti i 17 requisiti concordati e ora l’Ungheria sta aspettando il via libera della Commissione europea», ha detto il premier. Dalla delegazione di FdI al parlamento europeo è arrivata invece una spiegazione del comportamento tenuto in aula: «Il voto negativo di FdI non ha nulla a che fare con la presunta vicinanza a modelli illiberali di cui spesso si blatera a sinistra» hanno spiegato i deputat per i quali molte delle riforme annunciate da Orban sarebbero già in atto. «Ciò nonostante, si vuole continuare ad utilizzare il principio sacrosanto dello stato di diritto per colpire un governo non allineato politicamente, incuranti dei passi avanti compiuti in questi mesi di intensa collaborazione».