Le mafie a Roma ci sono. Oramai solo chi non vuole o ha interesse a non vedere potrebbe negarlo. Non è solo la mafia dei colletti bianchi che ricicla i soldi nei locali e nei ristoranti del centro all’ombra dei palazzi della politica; non è solo la droga che viene venduta alle bande locali che poi la spacciano nelle varie piazze della Capitale e magari si ammazzo tra di loro. Le mafie ci sono e si organizzano sul territorio, se lo spartiscono e lo controllano. È quello che emerge dall’operazione di polizia «Nuova Alba», portata a termine dalla Squadra Mobile di Roma e dal Procuratore Capo di Roma Giuseppe Pignatone, che ieri ha portato a 51 le ordinanze di custodia cautelare in carcere. Un’operazione in grande stile, durata ore, con l’impiego di centinaia di agenti e di elicotteri che segna una svolta: per la prima volta a Roma viene usata l’aggravante di associazione mafiosa – l’articolo 416 bis – nei confronti degli esponenti delle famiglie Fasciani, Triassi e D’Agati che da anni si sarebbero spartiti interessi e affari in particolare nella zona di Ostia e del litorale. In manette boss e capi famiglia: l’indiscusso capo dei Fasciani, Carmine, con i fratelli Nazzareno, Giuseppe e Terenzio, e i due fratelli Triassi Vito e Vincenzo, quest’ultimo arrestato dall’Interpol a Tenerife, in Spagna. Famiglie e boss che mai avevano interrotto i rapporti con la Cosa nostra siciliana, ma che si erano trasferiti, armi bagagli e attività, sulle spiagge di Roma stabilendo dal 2007 una sorta di pax tra famiglie che gli consentiva di portare avanti pacificamente i loro affari: slot machine, estorsione, attività commerciali acquistate riciclando i soldi della droga o cedute dalle vittime del racket. Sigilli a forni, centri benessere, ristoranti e allo stabilimento balneare Malibu Beach. Come se non bastasse, membri della famiglia Fasciani sarebbero riusciti ad interferire direttamente con le attività degli uffici competenti facendo assegnare case popolari a persone a loro vicine. Ostia, ma non solo. I tentacoli dell’organizzazione arrivavano fin dentro la città controllando intere piazze dello spaccio della droga e acquistando negozi in pieno centro storico. Mentre ai Triassi, legati a doppio filo alla famiglia siciliana dei Cuntrera-Caruana, andava lo spaccio della droga proveniente dalla Spagna, ai Fasciani, affiliati al clan Spada toccavano soprattutto estorsioni ed usura. Le famiglie si incontravano regolarmente per dirimere i problemi e prendere decisioni condivise in quella che gli inquirenti non hanno esitato a definire una «cupola». A ricostruire le attività criminali non solo l’attività investigativa ma anche la testimonianza di un collaboratore di giustizia, Sebastiano Cassia, affiliato ai Fasciani. «Ostia è un’area cittadina importante e vitale alla quale questa amministrazione ha dato sin da subito un segnale di aiuto e attenzione», ha dichiarato Ignazio Marino ricordando poi l’impegno diretto dell’amministrazione nel X municipio per «sgominare il malaffare, contribuendo ad accendere i riflettori su una realtà da troppo tempo lasciata alla mercé di gruppi criminali». Inoltre Marino si è impegnato per avere in tempi rapidi «una revisione puntuale di tutti gli affidamenti di prestazioni e servizi nel X Municipio, avvenuti per conto del Comune negli anni passati, al fine di evidenziare elementi di criticità». Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti che ha ringraziato le forze dell’ordine e ha parlato di un’operazione di «importanza straordinaria». In prima fila, in queste settimane che hanno scosso il litorale, il nuovo presidente del X Andrea Tassone che si è rivolto alla «parte sana del territorio» e ai cittadini affinché «Ostia riscopra le sue bellezze, la sua vocazione turistica e si rimetta al centro del Mediterraneo per promuovere un nuovo modello di sviluppo».