Nell’aprile del 2012 alcuni corpi di ragazzi furono trovati nei pressi di un lago poco fuori Skopje, la capitale della Repubblica di Macedonia. Milan (Leon Ristov), Petar (Hanis Bagashov), Cvetan (Igor Postolov), Rape (Ivan Vrtev Soptrajanov), Ace (Stefan Kitanovic) e Vladan (Dragan Mishevski) sono teenager come tutti gli altri, hanno famiglie complicate, problemi di soldi e come i loro coetanei anelano un futuro migliore. Sono loro i protagonisti di When The Day Had No Name, quarto film della regista macedone Teona Strugar Mitevska (nella sezione Panorama all’ultima Berlinale), ritratto di una generazione senza speranza, persa e danneggiata dallo sconvolgimento sociale e politico dei Balcani.

Il film – ispirato a un fatto realmente accaduto – segue le ventiquattro ore che diventeranno i loro ultimi istanti di vita, in cui i ragazzi decidono di partire per una battuta di pesca al lago. Si divertono, ballano sul suono di vecchie canzoni pop, sperimentano il sesso – a pagamento – e cercano un modo per sfuggire all’apatia e dalla frustrazione.

Sullo sfondo c’è il conflitto etnico tra albanesi e macedoni. Siamo nel 2012, anno in cui l’escalation di violenze nei primi mesi dell’anno avevano fatto riconsiderare la definizione di «frozen conflict» con cui è stato definito il contesto macedone, circa due milioni di abitanti di cui un quarto albanesi che si sono stabiliti nel nord del Paese.

Mitevska entra sensibilmente dentro le vite di questa nuova generazione intrappolata nelle dinamiche di un Paese ancora allo sbando, tra incertezze economiche e le problematiche culturali-etniche che rimangono irrisolte. Una mancanza di obiettivi, di valori e di orientamento che si rispecchiano nella atmosfera cupa ricreata dalla fotografia di Agnès Godard capace di catturare il nichilismo che pervade i giovani protagonisti.

La regista, che è anche sceneggiatrice, produttrice e direttrice della fotografia, torna dopo ben cinque anni dall’ultimo lavoro The Woman Who Brushed Off Her Tears. Nonostante abbia vissuto per molto tempo lontano dal sua Paese, tra Stati Uniti, Francia e Belgio, Mitevska continua ad ambientare i suoi film in Macedonia, dal suo primo lungometraggio Kako ubiv svetec (How I Killed a Saint), uno sguardo sulla guerra civile nel 2001 attraverso gli occhi di due fratelli, fino a When The Day Had No Name. «Perfino oggi faccio fatica a immaginarmi un avvenimento che si sviluppi in un altro posto che non sia la Macedonia, ed è strano, lo so, visto che ho vissuto molto di più all’estero. L’unica cosa che riesco a pensare è che ci siano ancora tante storie di quei luoghi dentro di me che voglio raccontare e continuerò finché non usciranno fuori tutte».