A giugno l’Aquarius è costretta ad arrivare fino a Valencia per sbarcare 630 naufraghi: Italia e Malta avevano negato l’accesso ai proprio porti. Dieci giorni dopo rotta su Marsiglia e non più Catania per fare rifornimento, persino riempire la stiva è diventato impossibile in Italia. A luglio la nave è ancora ferma a Marsiglia per lavori di adeguamento: è necessario aumentare la capacità di restare in mare per lunghi periodi visto il clima ostile. Ad agosto nuovo salvataggio che si trasforma in un braccio di ferro tra stati: il via libera ad approdare a Malta arriva solo dopo una trattativa in sede Ue. A settembre un’altra odissea: il presidente Macron blocca l’arrivo a Marsiglia, 58 migranti vengono trasbordati in acque internazionali. Portati a Malta, vengono ripartiti tra Francia, Germania, Spagna e Portogallo.

Ad agosto la revoca della bandiera da parte di Gibilterra, a fine settembre anche Panama cancella l’iscrizione al registro navale. Salvini twitta: «L’Aquarius 2 non avrà spazio nei porti italiani». Per due mesi la nave resta bloccata a Marsiglia con la bandiera liberiana, che consente solo di tenere l’assicurazione con la barca in mare ma non di effettuare operazioni di Ricerca e soccorso. A novembre il tribunale di Catania accusa sette membri dell’equipaggio di traffico illecito di rifiuti, addirittura si ipotizza un pericolo di contagio attraverso gli indumenti dei migranti.

I morti nel Mediterraneo nel 2018 si stima siano stati 2.133, le Nazioni Unite hanno espresso ieri la propria preoccupazione per lo stop all’Aquarius: «Le capacità di ricerca e soccorso devono essere rafforzate piuttosto che diminuite – ha dichiarato la portavoce dell’Agenzia Onu per i rifugiati -. Occorre lasciare che le Ong contribuiscano allo sforzo, salvare vite è la nostra preoccupazione principale». E l’Agenzia Onu per i diritti umani: «L’aiuto fornito ai migranti non deve essere criminalizzato».