Era il 1999 quando Gabriele Muccino, con alle spalle un solo film, Ecco fatto dell’anno precedente, sbarcò alla Mostra del cinema presentando Come te nessuno mai scritto insieme al fratello Silvio che interpretava anche il ruolo del protagonista, un giovane studente liceale alle prese con innamoramenti e occupazioni. Grande successo. Diciassette anni dopo e con sette film realizzati tra incassi italiani interessanti e titoli made in Usa non sempre riusciti, ma comunque importanti, Gabriele torna al Lido puntando ancora il suo obiettivo su un paio di liceali freschi di maturità. Marco che vive solo con papà, mamma se n’è andata da tempo, è un bravo ragazzo, che ha un incidente col motorino.

Un po’ di gesso e di disagio trascorso guardando i video degli attacchi con fiocina dei balenieri agli attivisti Greenpeace e una piacevole sorpresa a conclusione: un indennizzo di 3000 euro. Subito felicemente investiti in un viaggio verso gli Stati Uniti dove il compagno di classe Vulcano è già approdato e gli procura un appoggio a San Francisco. Ma Vulcano è fatto così, ha dato la stessa dritta anche a Maria, soprannominata «la suora» per il suo approccio più che conservatore nei confronti del mondo. Questa è per lei una soluzione di ripiego dopo essere stata scaricata in Grecia dalle amiche più liberal nei confronti del mondo della vita stessa. Marco vede Maria come fumo negli occhi, ma tant’è. Quel che entrambi non sanno è che l’appoggio a San Francisco consiste in Matt e Paul una giovane e felice coppia gay.

Se il ragazzo non ha alcun problema, tranne il condividere un divano con Pete, il cane, per Maria invece la situazione a contatto coi froci è da perversione. Poi però, un po’ alla volta, tra i quattro nasce una amicizia intensa, con sfumature diverse, che il regista gestisce piuttosto bene, in fondo è forse il suo registro migliore quello che si basa sul racconto di sentimenti giovani. Così, Muccino confeziona L’estate addosso (nelle sale dal 15 settembre) come un long drink che evita i sapori troppo forti, tiene basso il livello alcolico, ma si lascia bere comunque con piacere. Gli ingredienti sono San Francisco e Cuba (pur con viaggio aereo improbabile), le musiche originali di Jovanotti, la simpatia istintiva degli interpreti e la sceneggiatura (scritta dallo stesso regista con Dale Nall) che scivola leggera anche nei momenti più drammatici come un outing obbligato.

L’affacciarsi dei giovani mucciniani non parte dal mondo delle periferie, i suoi studenti hanno fatto il liceo internazionale, parlano perfettamente inglese, sono giovani che ancora non hanno un posto nel mondo ma che probabilmente avranno qualche vantaggio in più rispetto ai coetanei meno fortunati. Quel che traspare però dal racconto è una sorta di risentimento nei confronti del genere femminile. Già buttato lì con quella mamma partita e un babbo che forse ancora l’aspetta, sino alla figura di Maria «la suora» che nonostante tutto non riesce mai a scrollarsi veramente di dosso i suoi pregiudizi e i suoi comportamenti discutibili. Ecco, forse è questa spolverata di misoginia, cui invece si contrappone una felice consapevolezza dell’essere gay o maschi etero, a sembrare la nota meno riuscita dell’intero spartito del regista che, prossimo ai cinquanta, sembra voler ricollegare i fili di una carriera comunque intensa sposando storie e luoghi del suo percorso personale.

Per celebrare la copertura del buco «all’amianto» davanti al Casino, dopo oltre un lustro, la Mostra ha deciso di piazzarci sopra una nuova sala, un enorme parallelepipedo rosso, dove si propongono le proiezioni di Cinema nel giardino. L’estate addosso è tra queste, e qui viene presentato in lingua originale (anche se qualche sfasatura di doppiaggio sussiste) con voce off e alcuni dialoghi in italiano, scelta che il pubblico solitamente non ama. Ma in questo caso è imprescindibile.