La giornata di ieri per i greci è stata molto lunga. Non tanto perché effettivamente era quella del solstizio d’estate, ma perché è stata una lunga giornata di attesa per un eventuale accordo – o rottura- del negoziato tra Tsipras e i partner europei. La frase «guerra aperta tra la Grecia e i suoi creditori» che dominava in tutti i telegiornali e i titoli dei quotidiani nei giorni precedenti è stata sostituita fin dalla mattina da commenti di speranza.

«L’Europa non cade sugli scogli» era il titolo del quotidiano di Syriza Avghi (L’Alba), riferendosi al summit straordinario Ue, definito «la madre dei vertici» dal quotidiano autogestito Efimerida ton Syntakton (Il giornale dei redattori).

I quotidiani di centro e centrodestra, invece, ancora prima dell’incontro, davano per scontata l’intesa. «Atene firma, rompe le linee rosse» ha scritto Ta Nea (Le novità), rispecchiando la volontà del mondo imprenditoriale per un accordo immediato, perché l’economia soffre, mentre per Eleftheros Typos (Stampa libera) il paese sta passando «Ore drammatiche: nuova austerità o default». Con gli occhi puntati a Bruxelles quasi tutti i greci, dal confine settentrionale fino a Creta, e dalle isole del mar Egeo fino a quelle del mar Ionio, stavano seguendo con sentimenti spesso opposti le notizie frammentarie che arrivavano dalla sede della Commissione europea. «È in gioco la democrazia» sottolineano alcuni, mentre altri fanno notare che i creditori internazionali hanno instaurato in Grecia «un regime di dittatura finanziaria». Tanto che la crisi umanitaria continua. Il governo di coalizione di Syriza e Anel ha ancora molto da fare, perché mancano i soldi e perché i partner europei non «permettono» al governo di prendere delle misure a favore degli strati economicamente più deboli, almeno fino a che il negoziato è in corso.

La disoccupazione rimane la più alta tra i paesi membri dell’Ue (25,7%, calata appena di 0,3% rispetto ai mesi precedenti, oltre al 50% nei giovani), la maggioranza dei greci vive sull’orlo o sotto la soglia (al 18%) della povertà, imprese e negozi chiudono (in media oltre ai 50 al giorno). Intanto, secondo l’ultimo rapporto redatto e reso pubblico ieri dal Segretariato generale delle Entrate Pubbliche, i debiti scaduti dei contribuenti nei confronti dell’erario ellenico sono cresciuti di un altro miliardo nello scorso mese di maggio, raggiungendo la cifra totale di 5 miliardi e 234 milioni dall’inizio dell’anno. Il debito fiscale scaduto ammonta complessivamente a 77 miliardi e 87 milioni di euro.

Quelle che ora si trovano sull’orlo del collasso sono le strutture sanitarie. Medici senza stipendio da parecchi mesi, ospedali che devono ai fornitori oltre un miliardo di euro, senza farmaci, il ministro della Salute che annuncia il progetto governativo di sanità gratis per tutti, compresi i figli di migranti senza documenti, i richiedenti asilo, ma per problemi di liquidità non è in grado di realizzarlo, sono alcuni aspetti del sistema sanitario odierno. Per questo continuano a offrire i loro servizi collettivi gruppi di medici volontari come la Clinica sociale metropolitana fondata al quartiere Ellinikon di Atene, i «Medici del Mondo» e i «Medici senza frontiere».

Il prolungamento delle trattative con i creditori, insomma, non certo per responsabilità di Tsipras, è venuta ad aggravare una situazione già pesante. C’è indignazione, tensione, rabbia, preoccupazione, ma anche fermezza e solidarietà. A prescindere dall’esito finale del negoziato il governo di Tsipras è riuscito a far sentire i cittadini come esseri umani degni e non calpestati da misure di austerità imposte senza minimamente trattare. Intanto ieri pomeriggio – quando si è sparsa la voce secondo la quale «il premier greco ha fatto marcia indietro avvicinandosi alle proposte dei creditori» per quando riguarda l’aumento dell’Iva, la riforma del sistema pensionistico e l’aumento dei contributi ai fondi pensione che sono in rosso con il presupposto che nell’immediato futuro ci sarà una ristrutturazione del debito – il dibattito politico si è rianimato e la borsa di Atene ha chiuso con un salto di 9%.

Il leader dei «Greci indipendenti» e partner di governo, Panos Kammenos, ministro della Difesa, si è detto contrario alla riduzione delle spese militari, e all’aumento dell’Iva nelle isole. Le isole greche godono di un regime agevolato che viene giustificato dalla necessità di riequilibrare le elevatissime spese di trasporto delle merci sulle isole. La proposta dei creditori di abolire il regime agevolato aveva fatto clamore ad Atene, alimentando le proteste da parte delle autorità locali. Gli alberghieri e chi si occupa di turismo, grande fonte di introiti e motore dell’economia greca, sottolineano che non saranno «più antagonisti rispetto ad altri paesi del Mediterraneo nel caso che l’Iva aumenti di dieci punti come chiesto da Bruxelles». In questo ambito Kamenos ha minacciato che se sarà realizzata la proposta dei creditori, i «Greci indipendenti» toglieranno la loro fiducia dal governo. «Si tratta di un casus belli», ha detto.

Infine, ieri pomeriggio in Piazza della costituzione si sono fronteggiati anarchici e appartenenti alla destra pro Europa e per la prima volta da quando Tsipras è al governo, sono comparsi reparti anti sommossa, nonostante il presidente del parlamento abbia proibito la loro presenza.