«La sua danza è come la vita. Sempre la stessa, sempre differente. Segue il suo corso, ancora e ancora. E improvvisamente si interrompe». New York, aprile 1981: uno spettatore di ottant’anni si avvicina a una giovane coreografa e danzatrice di ventuno e a queste parole affida la sensazione di ciò a cui ha assistito. Ha visto il solo Violin Phase, musica di Steve Reich, interprete e autrice Anne Teresa De Keersmaker. É uno dei quattro movimenti del successivo Fase, tra i titoli cardine degli esordi della danzatrice e coreografa belga che da lì a poco avrebbe fondato a Bruxelles una delle compagnie destinate a diventare faro creativo della danza contemporanea internazionale: Rosas.
Sono passati trentadue anni dalle parole dell’anziano spettatore eppure quella frase, così semplice e nello stesso tempo così illuminante, può accompagnarci meravigliosamente tra le pieghe dell’ultima, ipnotica, creazione di Anne Teresa De Keersmaeker: Partita 2 – Sei solo. Un duo, o forse è meglio dire un trio, un comporsi di incontri e di soli, di individualità e di dialoghi, uno spettacolo di quelli che è bello lasciar sedimentare nella memoria per scoprirne tempo dopo le tracce che ha lasciato. Lo abbiamo visto in Belgio lo scorso maggio in occasione del suo debutto mondiale al Kunstenfestivaldesarts di Bruxelles: sarà uno degli spettacoli portanti dell’edizione 2013 del festival Torinodanza (vedi box), in scena al teatro Carignano il 6 ottobre.
La musica è Bach, la Partita n. 2 per violino solo in Re minore, allemanda, corrente, sarabanda, giga e la magnifica ciaccona conclusiva, in scena la stessa Anne Teresa insieme a un altro superlativo artista della scena attuale, il danzatore e coreografo Boris Charmatz, e alla violinista Amandine Beyer. A Torino, al posto di Amandine Beyer, ci sarà George Alexander van Dam: entrambi i musicisti hanno collaborato alla creazione e si alternano nella presenza in scena.
Un lavoro su musica e danza speciale, sul quale torniamo oggi, dopo aver avuto anche ampiamente il tempo di consultare il prezioso libro, corredato di documenti e video, Carnets d’une chorégraphe – Fase, Rosas danst Rosas, Elena’s Aria, Bartók. Un vademecum articolato sulle prime creazioni dell’artista belga, curato dalla stessa coreografa insieme alla teorica dello spettacolo e musicologa Bojana Cvejic, un libro che ci trascina con precisione nelle modalità dei processi creativi e che invita a provare a ripercorrere dalla stessa angolazione Partita 2.
Nel nuovo lavoro su Bach, rispetto e conoscenza amorosa della struttura musicale vivono in un movimento di danza e in un coreografare che a quella stessa magistrale struttura, accostano un respiro semplice e per questo emozionante. Quei piccoli salti in scarpe da ginnastica, quel girare su se stessi, quel prendersi a terra, quel rincorrere gli stessi movimenti che tornano è un rispondere, con la relazione tra i corpi o il danzare da soli mentre l’altro aspetta, al «piacere fisico» che provoca il suono. Una danza che si appoggia nella creazione sul basso, lasciando emergere nel movimento, come d’improvviso, l’emozione che alcuni tratti salienti della partitura suscitano nell’immaginario del corpo e della mente.
La relazione tra musica e danza vive di meravigliosi contrappunti. Si inizia con la sola musica, ascoltata nel buio per circa un quarto d’ora, poi appaiono De Keersmaeker e Charmatz che danzano nel silenzio mentre nelle orecchie continuiamo a sentire l’eco di ciò che abbiamo appena gustato senza vedere nulla. Infine musica e danza insieme con Beyer che suona in scena accanto al movimento. Charmatz e De Keersmaeker consegnano al pubblico ciò che sentono oggi essere la loro danza, una domanda, «qual è oggi la mia danza», che ha attraversato tutto il processo di creazione di Partita 2 – Sei solo. Il cerchio, come forma guida, torna e ritorna, la ripetizione, l’accumulo, la variazione sulla struttura di base, si espongono con una semplicità che nella memoria si sedimenta come traccia luminosa dello spettacolo. Un lavoro di cui è rimasto impresso il particolare scorrere del tempo della visione. Tripartito secondo i tre momenti dello spettacolo, ma anche scandito dolcemente dalla scenografia di Michel François, pure essa semplice e incisiva: un varco di luce proiettato sullo sfondo che cambia ampiezza e posizione. Uno spettacolo da vedere che dopo l’esclusiva italiana a Torino, sarà a novembre al Festival d’Automne di Parigi.