Alle 5:29:45, ora locale, del 16 luglio 1945 nel Poligono di Alamogordo nel deserto del Nuovo Messico, un enorme «fungo» radioattivo inaugurò una nuova era tecnologica e militare che avrebbe segnato in maniera definitiva e irreversibile il percorso della società umana.

Esattamente tre settimane più tardi, in 6 agosto del 1945 ad Hiroshima, e poi tre giorni dopo a Nagasaki, due «funghi» analoghi sancirono definitivamente la nascita della funesta Era Nucleare, radendo al suolo quelle due città: le morti istantanee furono più di 200.000, ma negli anni che seguirono la contaminazione radioattiva continuò a seminare vittime, infermità e malattie.

Il diavolo era uscito dalla bottiglia.

 

 

Nei decenni successivi gli ordigni nucleari proliferarono, toccando il numero demenziale di 70.000 a metà degli anni Ottanta, resi ben più distruttivi di quelli di Hirohima e Nagasaki secondo l’aberrante logica della deterrenza.

Ma se siamo vivi per miracolo, come scrisse Noam Chomsky, lo si deve anche al coraggio di alcuni ufficiali sovietici e americani che si rifiutarono di confermare l’ordine di lancio conseguente ad un «errato» allarme nucleare.

La bomba di Hiroshima era ad uranio arricchito, quelle di Trinity e Nagasaki al plutonio ottenuto grazie all’esperimento della cosiddetta «Pila di Fermi» che non era affatto progettata per produrre energia.

Dopo la guerra i primi reattori nucleari furono impiegati per la propulsione dei sommergibili nucleari, finché nel 1953 fu lanciato l’«Atomo per la Pace» per mettere a profitto la nuova tecnologia, promettendo un’energia che sarebbe stata «talmente economica da non poter essere misurata».

Nonostante l’enorme quantità di vittime dell’Era Nucleare – da quelle di Hiroshima e Nagasaki ai tumori contratti dai lavoratori nelle miniere di uranio, alla contaminazione radioattiva dell’atmosfera terrestre per più di 700 test in atmosfera (più di 2.000 complessivi), alla sottovalutazione degli effetti della radioattività sull’organismo umano, fino ai drammatici incidenti di Three Mile Island, Chernobyl e Fukushima, gli Apprendisti Stregoni non demordono dall’idea di voler «nuclearizzare» il mondo.

Nell’aprile del 2020 il governo degli Usa ha pubblicato un documento dal titolo Restoring America’s Competitive Nuclear Energy Advantage- A strategy to assure US national security che ha per obiettivo il ripristino del primato mondiale Usa sull’intero ciclo del nucleare civile, dalla produzione di uranio alla commercializzazione dei reattori nucleari.

 

2016, Obama chiede scusa al Giappone per le bombe nucleari del 1945

 

Sul fronte militare – ancorché gli arsenali nucleari si siano ridotti a poco più di 14.000 testate, e siano stati stipulati importanti, anche se non risolutivi, trattati di riduzione e controllo degli armamenti nucleari – Trump ha smantellato pezzo per pezzo il pur insufficiente regime di non proliferazione, e ha incentivato progetti (avviati a dire il vero dal Nobel per la Pace Obama) di mini-testate nucleari di nuova concezione le quali dietro l’illusione di poter condurre una guerra nucleare limitata ne aggravano a dismisura il rischio.

Tanto che nel gennaio scorso l’autorevole Bulletin of the Atomic Scientists ha valutato che il rischio di guerra nucleare è più alto che in tutti questi 75 anni!

Nel frattempo la campagna internazionale Icanw (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) ha ottenuto che il 7 luglio 2017 le Nazioni Unite approvassero il nuovo Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari, il quale per entrare in vigore come componente integrante del Diritto internazionale necessita di venire ratificato da 50 Stati: attualmente le ratifiche sono 38 ed è presumibile che l’anno prossimo il trattato entri in vigore.

Dopo 75 anni si prospetta per la prima volta nell’Era Nucleare la possibilità di eliminare queste armi dalla faccia della Terra.

L’Italia è chiamata in causa direttamente poiché il nostro paese ospita una settantina di testate termonucleari statunitensi, anche se la maggioranza della popolazione non è neanche informata, per cui è di fondamentale importanza che il governo e il parlamento italiano firmino e ratifichino questo Trattato di proibizione, il quale impone che ci si liberi delle testate nucleari.