Le sale cinematografiche indipendenti in Giappone risalgono se non alla notte dei tempi a molti decenni fa, solo per restare in un periodo che fu caratterizzato anche da un fervore culturale a tutto campo, sul finire degli anni sessanta spesso cinema significava anche commistione con le altre arti visive. Il Sasori-za (Theatre Scorpio) per esempio, così chiamato da Yukio Mishima in onore di Scorpio Rising di Kenneth Anger, fu, proprio dalla fine di quel decennio, uno spazio artistico multifunzionale situato sotto il cinema dell’Art Theatre Guild a Tokyo, dove oltre a performance di varia natura, teatrale, musicale o di danza, veniva proiettato anche il cinema sperimentale dei vari Nobuhiko Obayashi, Toshio Matsumoto e Masao Adachi. Senza considerare l’importanza dell’Iwanami Hall che dal 1968 ad oggi continua a proiettare e presentare al pubblico documentari e art-house film da tutto il mondo.

Ma la vera svolta nel mondo delle sale cinematografiche indipendenti giapponesi si ebbe negli anni ottanta, quando il cosidetto boom dei mini-theater, sale più o meno piccole specializzate in cinema di nicchia, vuoi europeo, asiatico o americano, contribuì in modo definitivo a cambiare il panorama della distribuzione cinematografica ed artistica nel Sol Levante. Molte delle sale cinematografiche indipendenti, quelle cioè slegate dalla grande distribuzione che oggi significa praticamente Toho, che ancora oggi sopravvivono risalgono proprio ad una trentina di anni fa, soprattutto nella grandi città quali Tokyo, Nagoya, Osaka, Kobe o Kyoto. Troppo complicato sarebbe analizzare in questa sede in che modo il boom dei mini-theater abbia cambiato la faccia del cinema in Giappone, basti però sottolineare come questo fenomeno abbia invogliato e creato nuove catene distributive indipendenti e quindi anche dato fiducia a nuove produzioni locali da una parte e aperto definitivamente l’arcipelago al cinema autoriale del resto del mondo dall’altra.
Negli ultimi vent’anni con l’avvento dei centri commerciali e la conseguente invasione dei multiplex, che spesso sono collocati al loro interno, l’urbanistica e le abitudini degli spettatori giapponesi sono molto cambiate. A questo si aggiunga la popolarità delle grandi produzioni di casa, animazioni e drammi dal target più ampio possibile, e allora si capiranno i motivi della crisi dei mini-theater e della distribuzione indipendente dell’inizio del nuovo millennio.

Molti dei gloriosi cinema che hanno tenuto alto un certo modo di intendere la settima arte nel Sol Levante durante questi 30 anni sono stati costretti a chiudere, ma in questo clima quasi funereo e pessimistico, dove le poche sale indipendenti ancora aperte sembrano solo attendere la loro fine, si sono avuti di recente alcuni segnali positivi. Alcuni cinema si sono trasformati in qualcosa di diverso, sale per cinema fortemente indipendente e quasi amatoriale, ma anche centri culturali o bar e luoghi di incontro culturale, alcuni specializzandosi in un certo tipo di proiezioni, ad esempio solo medio/cortometraggi in una piccola sala molto artisticamente realizzata a Tokyo. La notizia più recente che ha fatto più rumore è stata quella dell’imminente apertura, sempre nella capitale, di un complesso di 5 piccole sale da parte di Uplink, uno dei cinema indipendenti più attivi e all’avanguardia che da anni porta avanti la sua filosofia cinefila a Shibuya. Il nuovo cinema aprirà quest’anno in collaborazione con il grande magazzino Parco nel cui edificio il complesso sarà ubicato e sarà interessante vedere come e se, questa mossa saprà rilanciare il glorioso periodo dei mini-theater o se riuscirà ad aprire nuove piste per la distribuzione indipendente nell’arcipelago o per meglio dire nella sua capitale.

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