«Oggi è la prima volta che non voto la fiducia al governo». Davanti al palco delle sinistre anti-Rosatellum, Roberto Speranza sottolinea il momento grave: Mdp passa il Rubicone, con il voto consumato mezz’ora prima a Montecitorio gli ex Pd lasciano ufficialmente la maggioranza del governo già Letta, Renzi e oggi Gentiloni. Contro il voto di fiducia sulla legge elettorale le sigle delle sinistre si ritrovano in piazza del Pantheon. Parterre da grandi occasioni.

ARRIVA BERSANI, un militante gli grida:«Pier Luigi, guidala tu ’sta macchina, sei l’autista milgliore», «Preferisco spingere», è la risposta. C’è Epifani, Vendola, Vincenzo Vita, Massimo Brutti, si rivede Gavino Angius. D’Alema scortato dai militanti a un certo punto si ritrova in mezzo alle bandiere dei «marziani in movimento». Si presentano, sono gli ex sostenitori dell’ex sindaco Ignazio Marino: «Bene», li apostrofa, «basta che ve movete».

MA SOPRATTUTTO ci sono le bandiere rosse: quelle di Art.1 e quelle di Sinistra italiana, quelle rosso scuro ovvero amaranto di Possibile. Ci sono addirittura le falciemartello di Rifondazione comunista che poco prima sventolavano solitarie e sperdute in un angolo di una piazza Montecitorio zeppa di grillini esaltati che gridavano al golpe. Il Coordinamento democrazia costituzionale ha fatto uscire dai cassetti i gloriosi e vittoriosi vessilli del No al referendum del 4 dicembre, reliquie beneauguranti. Qui nell’entusiasmo si evita a fatica la parola golpe. «Abbiamo una solida cultura democratica, noi. La fiducia è una violenza nei confronti del parlamento», dice Speranza. E di «atto violento verso la democrazia parlamentare» parla anche il pacifista Giulio Marcon, capogruppo di Sinistra italiana dal palco. Dove salgono Roberta Agostini e Cecilia Guerra (Mdp) e la ’civica’ dell’area Brancaccio Anna Falcone (stavolta tre donne, fin qui non era mai capitata tanta grazia), e tre costituzionalisti (Gallo, Pertici e Azzariti).

C’È POCO DA FARE, l’avvocata Falcone attacca il suo intervento sul «colpo di stato», sulla «maggioranza e governo abusivi» e gli applausi scrosciano, conclude in crescendo, «mai più patti con chi ha distorto la Costituzione, voi», dice all’indirizzo del Pd, «siete finiti, noi ricominciamo qui oggi».

Ed è così: la battaglia contro il Rosatellum è la prova di battesimo della lista unitaria della sinistra. «Lavoro da sempre a questo obiettivo, costruire un campo largo e progressista», spiega ancora Speranza. «L’unità può determinarsi oggi contro la schifezza della fiducia e deve determinarsi in futuro su politiche radicalmente alternative», carica Nicola Fratoianni.

LA BUONA VOLONTÀ non manca. Mancano però ancora molte tessere al puzzle. Manca Giuliano Pisapia. E non è poco: fino a due giorni fa era il «leader». In realtà i parlamentari dell’ex sindaco di Milano arrivano tutti, in testa Ciccio Ferrara (ci sono anche i giovani Furfaro e Pizzolante e il vicepresidente del Lazio Smeriglio). Anche per loro è no alla fiducia e alla legge. La sera prima l’avvocato ha anche pronunciato il fatidico «no al Pd», finora evitato. Un «fatto» – ammesso che lo sia – che qui in piazza viene letto come una possibile marcia indietro dalla rottura con Mdp.

MA LE COSE NON STAREBBERO così. In mattinata l’avvocato ha riunito i suoi a Roma e ha ribadito: «Andiamo avanti con la nostra idea iniziale, un campo largo e progressista, arancione, non una cosa rossa. E nel caso correremo soli».

INTANTO MATTEO RENZI si muove. Nei giorni scorsi ha cercato i verdi di Campo progressista. Pisapia o no, il segretario Pd vuole avere una lista ’di sinistra’ a disposizione per le finte alleanze nei collegi. E se non sarà quella dell’avvocato, pazienza, sarà quella del sindaco di Cagliari, il giovane Zedda.

IL CAPITOLO PISAPIA non è il solo che manca alla storia dei promessi sposi della sinistra, Mdp e Sinistra italiana. Al Pantheon c’è anche Maurizio Acerbo, segretario del Prc: «Siamo stati in piazza con M5s ma anche con i compagni della sinistra perché da comunisti facciamo fronte in difesa della Costituzione», spiega, «ma la lista unitaria è una questione ben distinta, serve chiarezza e rinnovamento», chiarisce. Due passi più in là c’è Nicola Fratoianni che invece ci scommette: «Con noi ci sarà anche il Prc. Perché ora che abbiamo chiarito che siamo alternativi al Pd, il valore aggiunto sarà proprio l’unità della sinistra». E pazienza se non c’è Pisapia.