La straordinaria vittoria del governatore comunista e il clamoroso boom di consensi del “piccolo Führer” di Afd appoggiato da ben un elettore su quattro. In mezzo, il vuoto di voti ai partiti tradizionali che neppure sommati riescono a raggiungere il 30%. Con la Cdu sprofondata al 21,8% dopo aver perso il 12% degli elettori di un lustro fa, la Spd inchiodata all’8,2% (meno 4,2 rispetto al 2014), l’onda-verde dei Grünen incapace di superare il 5,2%, e i liberali che con il 5% entrano in parlamento per il rotto della cuffia.

IL GIORNO DOPO la conta dei voti per il rinnovo del Landtag della Turingia il risultato delle urne non lascia spazio a interpretazioni politiche diverse dalla matematica. Mentre si spalanca l’incognita della nuova coalizione di governo appesa alla geometria definita, come al solito, con i colori della bandiera di uno Stato africano: lo Zimbabwe.

«Danke» è la parola cucita sul vessillo sventolato ieri da Bodo Ramenow, primo ministro Linke avviato al secondo mandato grazie al 31% dei consensi incamerati anche a livello personale. Nato nell’ex Germania-Ovest e cristiano praticante, continuerà a rappresentare l’eccezione rossa nell’ex Ddr ormai votata al populismo più nero. A Erfurt domenica ha incarnato il “voto-utile” (con buona pace dei moderati) per arginare l’«assalto» di Afd alle istituzioni mai così pericolanti.

Come denuncia la prima comunità a tremare per il 23,4% conquistato dallo Spitzenkandidat negazionista della Shoah, Björn Höcke, capo di Der Flügel (l’ala ultra-destra di Afd) e da ieri pure dell’opposizione.

«IL SUO SUCCESSO dimostra che il nostro intero sistema politico sta andando in pezzi» riassume Charlotte Knobloch, ex presidente del Consiglio degli ebrei in Germania, preoccupata per il 12,8% dei voti in più ad Afd rispetto alle scorse elezioni.

Numeri più che sufficienti a condannare a morte la coalizione rosso-rosso-verde: Linke, Spd e Verdi non superano i 42 seggi in parlamento restando lontani dalla maggioranza fissata a quota 46.

Servono come minimo i 5 seggi dei liberali, anche se per la governabilità appaiono imprescindibili i 21 scranni assegnati alla Cdu del candidato Mike Mohring.

È la Zimbabwe Koalition tutt’altro che scontata a causa dei veti incrociati. Tra i liberali diversi i mal di pancia per un governo con i «marxisti-leninisti» e anche i democristiani faticano a digerire la sola ipotesi in grado di garantire un esecutivo non di minoranza (data l’indisponibilità di tutti i partiti ad allearsi con Afd).

EPPURE MOHRING prova a rompere il tabù democristiano («Né con la Linke, né con Afd») aprendo alla prospettiva inedita in Germania.

«Siamo pronti a questa responsabilità. La stabilità della Turingia è più importante degli interessi della Cdu» scandisce Mohring, preparato perfino alla collisione con i vertici federali del partito: «Non ho bisogno che Berlino sappia cosa è importante per la Turingia» taglia corto nell’intervista alla tv pubblica.

Proposta dirompente anche per il suo segretario generale, Raymond Walk, secondo cui «ciò che era valido prima delle elezioni deve esserlo anche ora»; la stessa idea del vice-presidente Cdu, Volker Bouffier: «Nessuna coalizione con la Linke».

Mohring, insomma, è solo contro tutti, mentre fuori dal recinto dell’Union si moltiplicano gli appelli per l’argine contro i fascio-populisti.

«Nonostante le enormi differenze con la Cdu, a livello statale la coalizione deve essere decisa da chi ha vinto le elezioni» precisa il capogruppo Linke, Dietmar Bartsch. In parallelo, il capo-delegazione dei Verdi al Bundestag, Anton Hofreiter, invita «tutti i partiti democratici» a non escludere la cooperazione con l’ex alleato: «Non si può equiparare Ramelow con l’ultra-destra». Più o meno le parole del segretario generale Spd, Lars Klingbeil, anche lui nel ruolo di pontiere: «Mi aspetto che Cdu e Fdp lascino da parte l’ideologia».

Proprio la rigida dottrina, invece, è la chiave del successo del super-falco di Afd. Sicuramente il filo-nazista Höcke non diventerà governatore della Turingia ma ha già vinto l’ “egemonia culturale” dentro al suo partito, sempre più depurato della vecchia anima “No-Euro” e sempre più infarcito della “nuova” ideologia del Terzo Reich.