L’8 ottobre 2019, un mese dopo aver perduto l’incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti era in aula alla camera per votare sì alla riforma costituzionale che taglia i parlamentari. Era il voto decisivo e il vice segretario federale della Lega si comportò in coerenza con la linea del suo partito, prima e dopo la fine del governo gialloverde e il passaggio dei leghisti all’opposizione. Adesso però al referendum del 20 e 21 settembre Giorgetti farà il contrario.

Voterà «convintamente» No, come da tempo sapevano i suoi compagni di partito e come ha detto in pubblico giovedì sera partecipando a un brindisi elettorale per le amministrative a Vittuone (Milano). Il quotidiano online Ticino notizie era lì e ha registrato la più importante dissociazione esplicita dalla linea di Salvini: il capo infatti non intende lasciare ai soli 5 Stelle la vittoria del Sì. Visto come ha votato in aula, di Giorgetti interessa poco la motivazione di merito – «un taglio in assenza di altre riforme è improponibile, una deriva da evitare» – e molto quella politica: «Il Sì sarebbe un favore a un governo in difficoltà». È lo stesso calcolo per cui un certo numero di parlamentari leghisti – Centinaio, Grimoldi, Borghi, Capitanio – hanno dichiarato che anche loro voteranno No. E un numero certamente più grande lo farà senza dirlo.