Ci aveva già provato lo scorso luglio, ieri il ministro dell’Interno Matteo Salvini è tornato con una nota dal Viminale: «La Libia è da considerare un paese affidabile» perché «può soccorrere gli immigrati in mare» e quindi i suoi sono porti sicuri. A certificarlo ci sarebbe la Commissione europea, come spiega ancora il Viminale: «La Libia ha ratificato la Convenzione di Amburgo del 1979 e quindi rientra a pieno titolo nel piano globale Sar gestito dall’Organizzazione marittima internazionale, l’Imo». Nessun problema anche dopo lo sbarco: «Gli immigrati a terra sono tutelati dal personale Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni».

UNA TEORIA CONTESTATA dalla Commissione europea prima di pranzo («La Libia non è un porto sicuro» ha precisato la portavoce Natasha Bertaud), ma intanto Salvini giovedì aveva già aggiornato la Direttiva sulla sorveglianza delle frontiere marittime, quella sfornata la notte del 18 marzo per cercare di impedire lo sbarco a Lampedusa della nave Mare Jonio, della piattaforma italiana Mediterranea, con 49 naufraghi a bordo. Nel testo, invitato ai comandanti delle forze dell’ordine, Difesa e Marina, si legge: «Garantire alle autorità libiche il legittimo esercizio delle proprie responsabilità durante le procedure di Ricerca e soccorso nelle proprie acque Sar. Potranno essere attivate formule di sostegno operativo».

Nell’aggiornamento si ricorda «l’impegno profuso in Libia per sostenere le autorità locali nel percorso di stabilizzazione e nella gestione delle frontiere». Alla direttiva viene allegata una lettera firmata da una funzionaria del dipartimento Immigrazione della Commissione europea, Paraskevi Michou, che risponde a una lettera del direttore di Frontex, Fabrice Leggeri. Secondo il Viminale, nella lettera di Michou ci sarebbe il riconoscimento della «piena responsabilità giuridica e operativa nel controllo delle frontiere e nel salvataggio di vite umane» della Libia e un giudizio positivo sul personale locale. Il gran finale è dedicato al «miglioramento delle capacità di soccorso della Guardia costiera libica e il rilevante contributo al salvataggio delle persone in mare: 15.358 migranti salvati nel 2018», sbarcati a Tripoli (62%), Homs (19%) e Al-Zawiya (11%).

Una netta smentita è arrivata dalla Commissione europea: «La Libia non può essere considerata un porto sicuro, per questo nessuna nave battente bandiera europea può sbarcare dei migranti nei porti libici», spiega la portavoce Bertaud. «I punti di sbarco – prosegue – sono definiti dalla Convenzione Onu della legge del mare. Un porto sicuro è dove la vita di una persona non è più minacciata e le sue necessità di base possono essere soddisfatte. La Commissione ha sempre detto che non ritiene queste condizioni soddisfatte in Libia». Per concludere: «Le navi che battono bandiera dell’Ue sono soggette al diritto internazionale, qualsiasi sbarco che avvenga in un paese terzo è soggetto al rispetto del principio di non respingimento e alle norme europee, in particolare quelle che riguardano i diritti umani». In serata rincara la dose: «L’affermazione secondo cui le operazioni della Guardia di frontiera europea sarebbero poste sotto l’autorità della Guardia costiera libica è completamente falsa».

SALVINI NON SI È ARRESO e ha replicato sui social: «La Libia è un porto sicuro e lo dice la Commissione europea. Ribadisco la piena legittimità degli interventi di soccorso della Libia che, grazie alla presenza dell’Oim, garantiscono il rispetto dei diritti degli immigrati, alla faccia di chi vuole porti aperti». Ma l’Oim ribatte: «La Libia non può essere considerata un porto sicuro. Dopo lo sbarco, i migranti sono trasferiti in centri di detenzione gestiti dal governo, sui quali l’Oim non ha nessuna autorità, nei quali la reclusione di uomini, donne e bambini è da considerarsi arbitraria. Le condizioni inaccettabili e inumane di questi centri sono ampiamente documentate. In generale la situazione nel paese rimane molto pericolosa».

Se Salvini finge di non capire, anche l’Europa ha le su ambiguità. Ieri il Consiglio Ue ha prorogato fino al prossimo 30 settembre l’operazione Sophia: niente forze navali in campo, si procederà «aumentando la sorveglianza aerea e rafforzando il sostegno alla Guardia costiera e alla marina libiche nei compiti di contrasto in mare attraverso un monitoraggio potenziato, anche a terra, e continuando la formazione». Il mandato principale dell’operazione «è contribuire agli sforzi dell’Ue per smantellare il traffico di migranti nel Mediterraneo». Così si supportano i libici per effettuare quei respingimenti che sono illegali per le navi europee. Il giurista Fulvio Vassallo Paleologo spiega: «La zona Sar libica è inventata a tavolino, perché la Libia non ha i mezzi né una centrale unica operativa di soccorso».