Centouno: è il numero delle persone transessuali uccise nel mondo, quest’anno. Quelle di cui si ha notizia certa, dal Brasile al Pakistan, dagli Usa all’Argentina, ma in realtà potrebbero essere molte di più. Vittime dell’odio e del disprezzo nei confronti dei «più discriminati fra i discriminati».

Per ricordarle, dal 1999 si celebra il Transgender Day of Remembrance (TDoR), una giornata internazionale della memoria che per il secondo anno consecutivo diventa l’occasione di una «Marcia per la libertà trans», oggi per le strade di Torino (partenza ore 16.30, piazza Vittorio Veneto). Ad organizzarla sono associazioni e collettivi del mondo lgbt del capoluogo subalpino, con la partecipazione di gruppi da tutta Italia (ci sarà il presidente nazionale di Arcigay, Flavio Romani, fresco di rielezione) e l’adesione, fra gli altri, della Cgil torinese, da sempre molto sensibile alla condizione delle persone trans: fu una delle prime ad aprire uno sportello a loro dedicato, negli anni 90. Segnale politico importante, il patrocinio di tutte le istituzioni locali: Comune, Città Metropolitana e Regione Piemonte.

Quello di oggi sarà un corteo per non dimenticare le vittime della transfobia, ma anche per rivendicare, con orgoglio, la presenza e la visibilità delle persone trans nella società. E, una volta tanto, anche per celebrare una grande vittoria politico-legale: la caduta dell’obbligo di intervento chirurgico per la rettifica anagrafica. Prima la Cassazione, a luglio, e poi la Corte costituzionale con la sentenza 221/2015, emessa appena due settimane fa, hanno infatti accolto in pieno una storica rivendicazione del movimento per i diritti civili, che non a caso era al centro della Trans freedom march dello scorso anno. Ora è possibile vedersi riconosciuto il cambio di sesso senza doversi obbligatoriamente sottoporre al trattamento medico-chirurgico sui genitali, facoltà che è finalmente lasciata alla libera e autonoma decisione delle persone in transizione.

Per una battaglia finita bene, sono molti i fronti di lotta ancora aperti. Uno per tutti: l’educazione alla differenza nelle scuole, minacciata dalla furibonda campagna oscurantista «anti-gender» che prende di mira il comma 16 della legge 107. Una delle poche cose realmente buone della cosiddetta «buona scuola», e cioè la previsione che i piani dell’offerta formativa degli istituti indichino azioni per promuovere «la parità tra i sessi» e la «prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni».

E proprio per reagire al delirio clerico-fascista con la forza della ragione, tutte le organizzazioni che hanno convocato la marcia della libertà trans si ritroveranno domattina (ore 9, Aula magna dell’Università, Cavallerizza reale) a discutere nel convegno nazionale «A scuola insieme!» con associazioni di insegnanti, presidi, studenti e genitori, come, il Cidi, la Reds e il Coordinamento genitori democratici. «Un convegno necessario – si legge nel documento di presentazione – per le componenti della scuola che si trovano in difficoltà in questo clima intimidatorio e menzognero», alimentato spesso e volentieri dalle gerarchie ecclesiastiche. Le stesse che non si danno per vinte nella «difesa della famiglia» contro il riconoscimento dei diritti delle coppie di gay e lesbiche.