La Federazione italiana gioco calcio (Figc), si era definitivamente affermata con il campionato 1913-14, il primo vero campionato che aveva visto la partecipazione di squadre del nord del centro e del sud Italia. Sotto l’aspetto organizzativo e regolamentare, una serie di cavilli, condizionamenti, burocrazie di ogni sorta imposte dalla Figc, soffocarono sul nascere la formazione e la partecipazione ai campionati minori, dai livelli locali a quelli regionali, di squadre che avevano uno spirito prettamente dilettantistico. In risposta ai rigidi paletti fissati dalla Figc, nell’estate del 1917 a Milano viene fondata l’Unione Libera Italiana del Calcio (Ulic), ad opera del medico socialista Luigi Maranelli, con l’intento di recepire le istanze avanzate dalle squadre di calcio e semplificare il più possibile la partecipazione dei calciatori, spesso operai, manovali, meccanici, che si dilettavano nel tempo libero.

Lo scopo dell’Ulic, come riporta l’Almanacco dello Sportdel 1918, è di “ curare la diffusione del calcio tra la gioventù delle classi meno ambienti” riducendo notevolmente una serie di norme che imbrigliavano le squadre dilettanti. Il programma dell’associazione dei liberi calciatori era in netto contrasto con le rigide norme volute dalla Figc, accusata senza mezzi termini di essere “ il carcere del calcio italiano”. L’Ulic si dotò anche di un organo di stampa Il Corriere dello sport libero, da cui discende l’attuale quotidiano sportivo,dalle cui colonne sferrava feroci attacchi alla Figc e al suo presidente, l’industriale milanese Francesco Mauro accusato di perseguire politiche ambigue, clientelari e di bassa furbizia.

Dalle colonne de Il Corriere dello sport libero, il medicoLuigi Maranelli chiarisce subito gli intenti che sono alla base della fondazione dell’Ulic:” La nostra organizzazione ha per cardine politico la libertà, per cardine economico: né tasse né multe”. Non erano previste sanzioni pecuniari, una scelta di non poco conto, visto il carattere dilettantistico delle squadre di calcio. In caso di fallo e infortunio momentaneo del giocatore della squadra avversaria, colui che aveva commesso il fallo doveva stare fuori campo lo stesso tempo indispensabile al calciatore infortunato per riprendersi.

L’Ulic non prevedeva il tesseramento dei calciatori per la società con la quale giocavano, ogni domenica era possibile cambiare squadra: “ Nessuno può chiedere al nuovo venuto di dove venga, né il motivo per cui vuole andarsene” perciò, scriveva il Corriere dello sport libero, l’Ulic è disposta ad “ accogliere tutti quei figli del popolo respinti o ignorati dalla Figc”. Un vero manifesto politico, improntato a una concezione umanitaria e solidaristica del calcio con sprazzi libertari, non a caso l’Ulic divenne rifugio di calciatori rivoluzionari e anarchici. Il libero calcio ebbe un consenso notevole in Emilia, Lombardia, Veneto, Piemonte, Marche e Puglia, che ha la sua roccaforte a Foggia, qui grazie a Filippo Guglielmi, negli anni successivi alla Grande Guerra, fu proprio l’Ulic a organizzare e promuovere il calcio nella Capitanata.

Il consenso ai princìpi dell’Ulic è trasversale e lo si rileva dai nomi delle squadre, dalle agguerrite Sparviero, Intrepida, Guerrin Gavroche, Lampo alle più politiche Avanti, San Paolo, Balilla. Per le sue caratteristiche l’Ulic richiamò una gran massa di sportivi proletari, soprattutto nei centri industrializzati come Milano, Torino e Genova, che confluiscono nel calcio dei “liberi”, autorganizzando tornei e calendari e, soprattutto, dando vita a una gran quantità di fogli sportivi, che descrivono le loro attività e gli esiti degli incontri calcistici, un fenomeno seguito con certa attenzione da L’Ordine Nuovo di Gramsci, che alle attività dell’Ulic dedicò numerosi articoli.

Nel 1920 l’Ulic ebbe un consenso tale da organizzare un vero e proprio campionato su scala nazionale, e nel 1922 aderirono ben 190 squadre, che si affrontarono nei tornei locali e regionali. Una presenza capillare sul territorio, quella dell’Ulic, che insinua la solidità della Figc, all’interno della quale si determina una spaccatura sulla politica da seguire nei confronti dell’organizzazione dei liberi calciatori, tra coloro che sostengono di ignorare il fenomeno e coloro che si dichiarano per un’aperta contrapposizione. La Figc aveva sottovalutato a lungo l’ideologia calcistica che era alla base dell’Ulic, e soprattutto quelle spinte innovative che venivano dai giovani dopo la prima guerra mondiale, e che l’Ulic aveva saputo interpretare a pieno.

Le difficoltà economiche di un’organizzazione che aveva favorito la libera partecipazione dei giocatori ai tornei di calcio, ma che non godeva di finanziamenti degli industriali e neppure delle quote delle squadre iscritte ai tornei, misero in seria difficoltà la sopravvivenza dell’Ulic, cui si aggiunse il tentativo di alcuni dirigenti di avviare trattative di fusione con la Figc. Luigi Maranelli e pochi altri, fedeli al principio costitutivo dell’organizzazione rimasero isolati, al resto pensò il fascismo, che nel 1926 impose all’Ulic di rientrare a tutti gli effetti nella Figc. Nel 1927 l’Ulic fu dichiarata sezione propaganda della Ficg, un atto d’imperio che pose fine al sogno, durato dieci anni, di migliaia di calciatori, che ogni domenica costituirono la libera repubblica italiana del calcio, fondata sul principio dell’autogoverno.