Ieri mattina è venuto a scuola a trovarci il dottor Magnani. Come ha spiegato, è un medico, ma da oltre trent’anni è appassionato e studia gli egizi. Fa tanti incontri nelle scuole e porta con sé la sua valigia magica per parlare ai ragazzi degli Egizi. Vi è piaciuto?

«Sì. Perché nella valigia c’erano molti reperti egiziani». «Però non erano tutti veri. Alcuni li ha ricostruiti lui. Non erano veri, originali. Però li ha fatti proprio come erano». «Come il righello regale». «Non si chiama righello, ma cupido!» «Cupido? O cupito?», «Noi abbiamo visto e toccato un rotolo originale di papiro: fatto di fibre vegetali, perché il papiro, poi, è una pianta. Cresceva lungo il fiume Nilo. Era una pianta alta più di tre metri». «Però lui, il suo papiro…. Sì, l’avevano fatto con il papiro che cresce in Sicilia». «Dopo molti secoli, molti millenni, invece del papiro fu inventata la pergamena che era più resistente, per scrivere. Però con fibre animali. Con le pelli, secondo me». «Il mazzuolo per battere il papiro lo aveva ricostruito. Tutto col legno». «Io mi ricordo quando ci ha spiegato i quattro vasi canòpi che per gli Egizi dovevano sempre stare vicino al sarcofago. Quello con il coperchio a forma di testa di sciacallo conteneva lo stomaco. Quello con il coperchio a forma di testa di babbuino conteneva i polmoni per respirare. Quello con il coperchio a forma di falco conteneva l’intestino, che però prima pulivano e purificavano benissimo e lo profumavano con gli unguenti, che poi erano degli oli, delle creme, dei profumi. E l’ultimo vaso non ricordo». «L’ultimo era quello con il coperchio a forma di testa umana che conteneva il fegato».

«Che schifo!» «Erano tutti gli organi del morto. Gli organi interni. Perché gli egizi svuotavano il corpo dalla pelle e rimaneva solo la pelle e questo serviva per mummificare i corpi anche se erano morti, per conservarli». «Io mi ricordo l’astuccio. Quando Magnani ci ha fatto vedere l’astuccio dello scriba che era tutto in legno. Una scatoletta bellissima di legno che si apriva». «Il righello era il cubito reale, poi. Era di legno. Colorato d’oro. Ma era più lungo di come doveva essere. Perché il cubito era la misura della distanza tra il gomito piegato e la punta del dito più lungo, il medio. Ma il cubito reale era quello del faraone ed era più lungo di quella distanza per onore del faraone, per far capire che lui era il più importante». «Lui era un re». «Non era solo un re, per gli Egiziani. Il faraone era un Dio!» «Io mi ricordo quando Magnani ci ha fatto vedere gli ushabi, che poi sono delle statuine. Si mettevano nella tomba. Erano delle piccole statuine. Loro pensavano che quando erano nell’al di là, dopo che erano morti e si risvegliavano, non dovevano più lavorare perché c’erano gli ushabi che prendevano vita e lavoravano al posto del morto che era morto». «Il faraone aveva 365 ushabi, come tutti i giorni dell’anno, così non doveva fare più niente perché c’erano sempre le statuine che lavoravano per lui». «Sarebbe bello averne, di quelle statuine! Anche a me farebbero comodo!» “«Però non è vero, per me. È una favola. Anche se loro ci credevano. Era vero solo per loro. Ma anche loro non erano sicuri…».

Ci sono altre cose che vi hanno colpito? Cosa vi è piaciuto di più?

«A me la cosa che è piaciuta di più è stata la scatoletta a forma di scarabeo. Perché lì ci mettevano il cuore». «Era vera, quella. Era un reperto vero. Perché Magnani ha detto di non farla cadere». «Lo scarabeo era un amuleto. Era un portafortuna, per loro». «Era il simbolo dell’immortalità, della rinascita». «Magnani ci ha detto che a Parma, al museo, c’è una collezione grandissima di scarabei egiziani. C’è la collezione più grande d’Europa. Andiamo a vederla, maestro?» «Lo scarabeo si metteva sul cuore del morto». «Anche perché per gli Egizi non era il cervello, ma il cuore, la parte più importante del corpo, quella che comandava tutte le altre parti del corpo». «A me ha colpito quando abbiamo fatto la scenetta del pesamento dell’anima e facevo la bilancia. Quando ha detto che il mostro mangia morti era rappresentato dai tre animali più feroci dell’Egitto: il leone, il coccodrillo e l’ippopotamo». «Però a me l’ippopotamo non sembra poi coisì feroce. È anche lento».