Per trovare un allestimento di Die Zauberflöte di Mozart visivamente potente e libero come quello in scena in questi giorni al Teatro Filarmonico di Verona bisogna risalire a quello realizzato dell’artista sudafricano William Kentridge nel 2006 per il Teatro San Carlo di Napoli (transitato poi alla Scala di Milano nel 2011). Philipp von Steinaecker dirige con una consapevolezza e un’intensità che gli derivano dall’assidua frequentazione sia del repertorio barocco (e dell’approccio filologico di John Elliot Gardiner) che di quello tardo romantico (e dei consigli vitalistici di Claudio Abbado), le premesse più prossime e gli sviluppi più lontani della lezione mozartiana. Il cast asseconda il suo disegno: Insung Sim in Sarastro, Leonardo Cortellazzi in Tamino, Ekaterina Bakanova in Pamina, Sofia Mchedlishvili nella Regina della notte, Christian Senn in Papageno, Lavinia Bini in Papagena e Marcello Nardis in Monostato. La regia è firmata da Mariano Furlani, che ha lavorato fianco a fianco con i MASBEDO (i videoartisti Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni), a cui è affidata la parte video; le scene sono di Giacomo Andrico, che insieme al regista firma anche i costumi; il light design è di Paolo Mazzon.

Il risultato di questa sinergia è uno spettacolo che riesce a trasfigurare e unificare musica canto decori proiezioni e regia in una «macchina» drammatica, avrebbe detto Ranieri de’ Calzabigi, contemporaneo di Mozart, delle «più efficaci» nel sollecitare «maravigliosamente» l’animo dello spettatore, dove il senso del meraviglioso è sia quello favolistico dell’oggettivazione dell’impossibile sia quello introspettivo dalla messa in scena di una sorta di «paesaggio della mente».

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«L’idea di regia – dichiara Furlani – insiste sul viaggio di formazione di Tamino e Pamina per arrivare a conoscere loro stessi, liberi finalmente dal manicheismo dei due regni, quello della Regina della Notte e quello di Sarastro così tetragoni ai cambiamenti da perpetrarne in ugual misura pericolosità e dogmi. La coppia degli innamorati deve riuscire inoltre a superare anche il limite del loro genere di appartenenza, ovvero un femminile superstizioso e irrazionale, e un maschile rigido e inflessibile. Sulla scena di Zauberflöte accadrà in maniera misteriosa (non necessariamente misterica) che le tenebre e il sole, il principio matriarcale e quello patriarcale, si fondano in virtù dell’Amore e della Musica, altro vero motore all’interno dell’opera».
L’asciuttezza della scenografia ha permesso ai MASBEDO di lavorare su dei vuoti «in cui il cantante – dichiara Masazza – non deve relazionarsi con una scultura fisica, ma con una nuova forma di proiezione della luce, con i video, con lo spazio, con lo specchio. Il regista, poi, è stato molto bravo a far interagire i cantanti con i nostri video (penso a Tamino schiacciato dalla presenza del serpente o alla scena del coltello in cui Pamina ne diventa il manico)».