Quando ero molto giovane, Adriano Serafino della Fim-Cisl di Torino m’insegnò che qualsiasi volantino non ha lo scopo di predicare ai già convertiti, ma di conquistare nuovi sostenitori. Con gli anni ho anche imparato che, per selezionare obiettivi e stabilire priorità, conviene studiare con attenzione la strategia degli avversari, senza lasciarsi distrarre da loro errori, sciocchezze e controversie contingenti.

Proviamo ad applicare il metodo Serafino alla situazione politica italiana odierna. Il problema non è quello delle schermaglie in atto all’interno del centrodestra, sintomo della crisi complessiva dei partiti politici, in un mondo dominato dall’1%. Si tratta, invece, di comprendere quali sono le disgrazie che costoro potrebbero cucinare per il Paese nel medio periodo. Senza fretta eccessiva perché, nel frattempo, gli interessi privilegiati a cui fanno riferimento sono abbondantemente rappresentati alla tavola imbandita e gestita dal governo in carica, mentre l’opposizione politica, rappresentata da una signora sveglia, dalle ascendenze fascistoidi, si nutre nel campo degli scontenti che sono numerosi.

Primo loro obiettivo sarebbe quello di convincere Draghi a non dare retta a coloro che, a Bruxelles come a Roma, vogliono inchiodarlo a Palazzo Chigi, per portare a compimento quanto si è doverosamente impegnato a fare. Meglio incassare un voto pressoché che unanime che gli consenta di traslocare al Quirinale, chiedendo in cambio nuove elezioni. Con la legge elettorale vigente, da modificare solo quel tanto che basta ad adattarlo alla riduzione del numero dei parlamentari.

A quel punto, Berlusconi, miracolosamente redivivo, tutt’altro che scemo – quindi, in grado di capire che le sue ambizioni presidenziali vanno riservate ad una prossima reincarnazione – troverebbe ampio spazio per unificare la destra in edizione mainstream , cioè tale da riportarla nell’alveo del popolarismo europeo, col consenso un poco corrucciato dei giornali della Gedi, di Cairo e della televisione Rai-murdochiana. Soltanto con qualche residuo mal di pancia dell’aspirante Le Pen de noantri.

Il passaggio più delicato, dal punto di vista delle forze politiche di destra, è l’effettivo scioglimento delle camere da parte del nuovo inquilino del Quirinale che avrebbe ogni interesse ad istallare un suo adepto a Palazzo Chigi, riscoprendo la necessità pandemica di portare la legislatura fino alla sua scadenza naturale, con uguale soddisfazione degli interessi economicamente dominanti.

Avendo presente questo scenario, nelle sue variabili, i possibili antidoti sono più difficili da individuare e, soprattutto, da realizzare. In primo luogo, quello essenziale di preservare Draghi su una poltrona ottenuta con una manovra di palazzo, in nome delle urgenze economico-sociali determinate da una pandemia che la stagione autunno-inverno potrebbe ravvivare e con una doverosa gestione degli impegni europei precedentemente assunti.

In secondo luogo, promuovendo una legge elettorale che, resistendo agli appetiti delle segreterie dei partiti, abbia come fine principale quello di eliminare la pletora di nominati allo scopo di restituire ai cittadini-elettori il diritto di scegliere i propri rappresentanti, senza attardarsi in lotte, comprensibili ma secondarie, riguardo all’alternativa proporzionale/Mattarellum.

In terzo luogo, eleggere un presidente della Repubblica, meglio se donna, garante e non sovvertitrice della Costituzione, per poi costruire una chiara alleanza votata ad obiettivi di pace, libertà, eguaglianza e di sopravivenza del pianeta traducibili in obiettivi possibilmente concreti, modello Bernie Sanders, senza predicozzi autorassicuranti. Secondo una metodologia che, oltre ad Adriano Serafino, sarebbe piaciuta a Lenin e a De Gasperi, entrambi assertori di una politica gestibile da una cuoca o da una casalinga.