Sembra una favola per bambini, di cui Fabrizio Pallara è maestro con il suo Teatro delle Apparizioni. Invece Kafka e la bambola viaggiatrice (vista a Romaeuropa, prodotta dal Css Udine, in tournée) è una visione densa ed elegante, che induce fantasie ed emozioni negli adulti come nei piccoli. Pallara cura la regia, e la drammaturgia con Valerio Malorni (anche interprete con Desy Gialuz), ma strepitosa e inquietante è la bambola realizzata da Ilaria Comisso. Tutto nasce dal romanzo, stesso titolo, del catalano Jordi Sierra i Fabra, che immagina il grande scrittore che nel 1923 incontra nel parco Stieglitz a Berlino una bimba disperata per aver perso la sua bambola. Kafka, coinvolto da quella infelicità, si trasforma allora nel «postino delle bambole». Ogni giorno si presenta al parco recando una lettera della bambola da una città diversa, piena di descrizioni e flash illuminanti su realtà ogni giorno diverse, da ogni angolo del mondo. Cosa che farà gradualmente accettare alla bambina la perdita e il distacco. Così Kafka indica alla bambina, e ovviamente a ogni spettatore, come quella separazione sia un momento positivo di emancipazione e maturazione. Finché non rivelerà di aver incontrato un bambolotto con cui passare il resto della sua vita. Bella «lezione», per grandi e piccini, e struggente suggestione sul genio ceco.