Da circa un paio di mesi è disponibile il libro di Naomi S. Baron (docente di linguistica e direttore esecutivo del Centro per l’insegnamento, la ricerca e l’apprendimento alla American University di Washington) Words Onscreen: The Fate of Reading in a Digital World (pubblicato da Oxford University Press). In questo libro Naomi S. Baron entra nel vivo della discussione dell’utilizzo sia ricreativo sia didattico dei media digitali/elettronici per la lettura. Le sue riflessioni sono condotte su una serie di ricerche statistiche condotte principalmente su studenti universitari statunitensi, giapponesi e tedeschi ma, come ha criticato Roberto Casati (Direttore di Ricerca del Centre National de la Recherche Scientifique all’Institut Nicod, Ecole Normale Supérieure di Parigi) dal pulpito del convegno Digital Library/La biblioteca partecipata (Milano, 12 e 13 marzo scorso), costituito da un campione eccessivamente ridotto (qualche centinaio di studenti) e di cui non è indicata la rappresentatività sociale. Non di meno le riflessioni della Baron sull’evoluzione del medium della lettura da cartaceo ad elettronico, da analogico a digitale, sono tutt’altro che inessenziali, ed in più di un punto incontrano le perplessità avanzate dallo stesso Casati nel suo libro Contro il colonialismo digitale: istruzioni per continuare a leggere (Laterza, 2013).

In particolare il dubbio che la spinta verso il digitale in particolare delle istituzioni educative (scuole, università) sia attenta alla reale ricaduta educativa dei nuovi media. Per quanto i risultati delle ricerche presentate dalla Baron possano essere non esaustivi, è evidente la differente impostazione di lettura offerta da un testo digitale rispetto ad un testo cartaceo. Un’impostazione che privilegia l’estensione all’intensione, che valorizza lo scorrere ed il ricercare (grazie anche agli strumenti messi a disposizione da qualsiasi software e dispositivo per la lettura di testi) allo studiare approfonditamente. Il plus di un testo elettronico, in particolare finalizzato alla didattica, è la possibilità sia di contenere materiale multimediale, sia di offrire canali a risorse esterne che lo possono integrare, completare, contestualizzare.

Ma tale caratteristica è esattamente l’impedimento principale alla lettura approfondita: una potenziale fonte di disturbo che si moltiplica nel caso il device su cui è fruito sia connesso ad Internet col rischio che le deviazioni non siano esclusivamente coerenti con lo studio ma che al contrario naufraghino nella consultazione di posta e messaggerie, del mai troppo veloce controllo della propria situazione sui social network, ecc. Significativo in questo senso che la maggior parte degli studenti consultati dalla Baron, da qualunque parte essi arrivassero, preferissero per lo studio testi in formato cartaceo. E la Baron mostra come i motivi per la preferenza del medium digitale arrivano non tanto dalla maggiore praticità ma piuttosto da una maggiore ecologicità (presunta però perché mentre la carta può essere efficacemente riciclata, lo stesso attualmente non può dirsi per i componenti dei dispositivi elettronici) ed economicità (problematica però proprio in ambito didattico e specialmente universitario dove gli editori tendono a mantenere elevati i prezzi delle pubblicazioni in qualsiasi formato).

L’apparente inarrestabile erosione del margine di mercato del libro cartaceo pare essersi interrotta se il direttore della più grande catena di librerie inglesi Waterstones, James Daunt ha dichiarato (il 6 gennaio scorso) al Telegraph che «il Kindle è scomparso» a fronte di vendite consistenti di libri cartacei nel precedente periodo natalizio. Il motivo anche l’«immaterialità» del medium, che lo rende meno appetibile come regalo, ma anche meno «autorevole», come sottolinea la bibliotecaria Cinzia Mauri nel suo libro Leggere in digitale (pubblicato nel 2012 dall’Associazione Italiana Biblioteche) dove viene rimarcato come la mancanza di un «paratesto» e la maggiore «frammentarietà» del testo stesso legata al medium, il ritorno all’antica forma del volume/rotolo, in particolare per i testi in rete (lo «scrolling» verticale, la inefficacia di strumenti fondamentali per il codice/libro come gli indici, ecc.) rendano il testo elettronico in generale ed il libro elettronico in particolare, uno strumento apparentemente meno affidabile. Mauri in particolare, a differenza di Baron (ma quasi tre anni sono molti nel tasso di evoluzione dei dispositivi elettronici), dubita che allo stato attuale il libro cartaceo e la lettura analogica siano messi a rischio dagli ebook, e tuttavia giustamente le argomentazioni di Baron dovrebbero far riflettere coloro che puntano sulla digitalizzazione dei contenuti all’interno degli istituti scolastici e che rischiano di alleggerire gli zaini di pesanti tomi ma contemporaneamente di far diventare ancor più volatile l’impegno della scuola e degli studenti nei confronti del libro e della lettura, cartacea o elettronica.