Il governo rossoviola ha tutta l’intenzione di seguire le orme dell’ultimo governo socialista, quello di José Luís Rodríguez Zapatero, che persino secondo i suoi critici ha dotato la Spagna di diritti sociali all’avanguardia: la legge sul matrimonio egualitario e sulla giurisprudenza universale (poi eliminata dal governo Rajoy) sono solo i due esempi più famosi.

La prima legge che il governo Sánchez ha infatti presentato alle Cortes, ieri, è quella per regolamentare l’eutanasia. Questione che, al contrario del vicino Portogallo (dove nel 2018 una legge in tal senso venne bocciata per una manciata di voti), in Spagna riscuote un vasto consenso sociale. È la terza volta che il partito socialista la presenta, ma stavolta dovrebbe arrivare in porto – il governo spera addirittura entro l’estate -, ieri la nuova maggioranza ha dato luce verde all’inizio della discussione. Nel 2018, Rajoy regnante, un provvedimento molto simile era già stato approvato dal parlamento in prima lettura, ma poi era decaduto (due volte) nel 2019 per il doppio scioglimento delle Cortes.

Sia i socialisti che Unidas Podemos portavano la proposta nel programma elettorale, e tutti i partiti eccetto la destra di Pp e Vox (in tutto 140 su 350 deputati) si sono detti a favore. Anche i dieci deputati di Ciudadanos l’appoggeranno. Ma persino per l’opposizione di destra non sembra una questione su cui costruire barricate, consapevoli che non porterebbe reddito elettorale. L’argomento esibito è che i socialisti vorrebbero così risparmiare spese sulla previdenza sociale e sulla sanità.

La proposta di legge, che deve ancora superare tutto il dibattito parlamentare, prevede che l’eutanasia sia un diritto individuale di tutte quelle persone maggiorenni che, pur senza essere in pericolo di vita imminente, soffrono di una malattia grave, cronica o invalidante che provoca una sofferenza insopportabile e «decidono di richiedere e ricevere aiuto per morire anticipatamente». Dovranno essere le persone interessate a chiederlo, e lo dovranno fare davanti a testimoni del personale sanitario. Si aprirà quindi un processo “deliberativo” fra medico e paziente, dopo il quale il medico dovrà consultare un altro professionista non del suo gruppo. Dopo due settimane il paziente dovrà farne una seconda richiesta, che stavolta verrà valutata da una apposita commissione (la cui composizione verrà delegata alle comunità autonome, che hanno la competenza sanitaria). Se tutti sono d’accordo, 15 giorni entro la seconda richiesta e a un mese dalla prima, il paziente deciderà se prendere da solo il farmaco che provocherà il suo decesso o di farsi aiutare. I medici potranno dichiararsi obiettori.

Nonostante l’accordo generale, ci sono alcuni punti da limare. Per esempio, Unidas Podemos non vede di buon occhio le commissioni che teme possano essere un modo per ostacolare l’esercizio di questo diritto: in Belgio e Olanda, dove l’eutanasia è legale da 20 anni, non esistono.

La destra contrappone al testo del governo una legge per la morte degna a livello nazionale (ne esistono già, ma solo in alcune regioni) per migliorare l’applicazione di cure palliative: ma secondo molti le due leggi sono complementari. Nelle parole dell’ex presidente dell’Associazione Derecho a morir dignamente Luis Montes, già deceduto, «l’eutanasia non si chiede perché uno non vuole morire male, ma perché la vita che ti rimane è sofferenza. La gente che vuole l’eutanasia non teme la morte: non è disposta a vivere la vita che gli rimane. E questo non si corregge con un palliativo».