Presunzione, disorganizzazione, caos, arroganza. Le caratteristiche del governo Renzi si sono manifestate tutte insieme. Galeotta è stata la relazione tecnica al maxiemendamento alla legge di stabilità. Un provvedimento che si scrive in pochi minuti, se ci sono le coperture alla legge più importante dell’anno. Ieri è diventato invece l’oggetto mancante di un racconto di Edgar Allan Poe. La relazione si è persa nel percorso tra il ministero dell’Economia in via XX Settembre, la Ragioneria di Stato e il Senato. Il solitamente faceto Roberto Calderoli (Lega) l’ha definita «un buco nell’ozono», un’uscita che ha acceso le polveri in aula dove tutte le opposizioni sono salite sulle barricate. Simbolicamente parlando. Il governo è in difficoltà, e si vede. Rischia l’esercizio provvisorio. E poi il collasso dopo la grande rincorsa impressa da Renzi alle estenuate forze dei parlamentari in attesa del cenone. Quello che più conta, per lo statista di Rignano, è la calendarizzazione della legge elettorale prima delle vacanze di Natale. Un obiettivo che, ieri sera, sembrava irrangiungibile.

Erano le 17 quando il viceministro all’economia Enrico Morando (Pd) si è presentato in aula e ha confermato che l’esecutivo non era in grado di «prendere impegni precisi sui tempi perché non ho ancora ricevuto il testo della relazione». La proposta di iniziare a discutere il maxiemendamento, dopo avere tarpato le ali alla commissione Bilancio, che non ha potuto finire di discutere gli emendamenti a causa della fretta del governo, è stata respinta dalla presidente di turno del Senato Linda Lanzillotta: «non è tecnicamente possibile oltre che inopportuno» ha detto. Al secondo rinvio, a molti è sembrato che il governo avesse problemi ben più seri dei 600 milioni di euro usati come giustificazione del caos che impedisce di far partire una discussione che sarà comunque interrotta dalla fiducia. Mancano tutte le coperture? Palazzo Chigi sta correndo al riparo sapendo che la Commissione Europea boccerà la legge di stabilità a marzo, imponendo una manovra lacrime e sangue? In soccorso a Maria Elena Boschi è arrivato in serata il sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio. Con Morando e il ministro della Difesa Pinotti si sono chiusi in una stanza per trovare una soluzione.

Fuori le opposizioni lanciavano strali. «Giustificazione risibile». «dilettanti allo sbaraglio» (Romani, Brunetta e Palese, Forza Italia); «governo gaglioffo» (Ferrara, Gal); «procedura intollerabile» ( Airola dei Cinque Stelle e De Petris di Sel). Si sono sprecati appelli al presidente della Repubblica Napolitano e inviti a comparire in aula al ministro dell’Economia Padoan. I rappresentanti della Lega per oltre mezz’ora, con l’aula chiusa, hanno battuto le scarpe sui banchi protestando contro «un’attesa inaccettabile» visto che «è dall’altro ieri che attendiamo un testo da esaminare». Come Kruscev alle Nazioni Unite. Alla fine persino il capogruppo Pd al Senato Zanda ha dovuto ammettere che il governo di farsi vivo in aula con la relazione tecnica. Urge discutere sulla legge elettorale. Il calendario d’aula dovrebbe essere votato già nella notte, per permettere alla presidente della prima commissione Anna Finocchiaro di svolgere la sua relazione. Il Natale incombe e oggi o lunedì è difficile assicurare il numero legale a causa di Forza Italia che non ha alcun interesse di iniziare a discutere di Italicum prima che Napolitano rassegni le dimissioni.

Per sbrogliare l’ingorgo alle 19 Boschi ha annunciato la fiducia. E la bagarre è ricominciata. Grasso ha richiamato tutti: «La ricreazione è finita». Battute, risate, il folklore pre-natalizio tipico delle discussioni sulla manovra. La seduta è stata sospesa, e la capogruppo riconvocata. Il voto dovrebbe comunque arrivare nelle prossime ore. Relazione tecnica permettendo. «La legge di Stabilità è un vero mistero: non sappiamo ancora se conterrà o meno il lavoro fatto in commissione Bilancio» sostiene Luciano Uras, capogruppo Sel in commissione Bilancio.

Tra una limatura e l’altra, in attesa della «bollinatura» della manovra da parte della Ragioneria di Stato sembra che siano a rischio una trentina di norme già concordate tra maggioranza e governo in commissione Bilancio. Arrivano invece i tagli sulle mini-partecipate. I Cinque Stelle hanno stilato un elenco di «emendamenti marchetta» inseriti nella legge di stabilità: tra gli altri, il progetto Eni di stoccaggio petrolifero in Basilicata Tempa Rossa; lo sblocco dei fondi per la statale Telesina; fondi per l’Istituto Tecnologico di Genova; il rincaro dell’Iva dal 10 al 22% per le stufe domestiche a sostegno (dice M5S) di multiutility come Hera e Iren che distribuiscono gas. In serata, Renzi è in affanno: «Intervenire perchè la stabilità non sia quel monstrum di norme con magari le varie leggi marchetta alla fine? – ha detto – Stiamo cercando di farlo. Non siamo perfetti».