L’assedio a cui è sottoposto da anni il Venezuela ha prodotto, insieme alle ben nota distruzione dell’apparato produttivo, anche un’altra non meno importante conseguenza: un’involuzione – in parte comprensibile dinanzi alla gravità dell’embargo Usa ma non per questo meno preoccupante – del dibattito democratico, con conseguente erosione degli stessi ideali chavisti.

A denunciarlo, di fronte all’approvazione da parte dell’Assemblea nazionale costituente (Anc) della controversa “Ley Antibloqueo”, sono diversi settori della sinistra venezuelana, tanto quelli apertamente dissidenti, quanto, sebbene in misura minore, quelli che pure continuano a sostenere il governo Maduro. Le critiche alla legge, il cui scopo è quello di far fronte agli effetti devastanti delle sanzioni finanziarie imposte dagli Stati uniti e dai loro alleati, sono sia sul metodo che, soprattutto, sul merito.

Il provvedimento, è stato notato, è stato approvato l’8 ottobre senza un vero dibattito, dopo la semplice lettura degli articoli da parte del presidente dell’Anc Diosdado Cabello e gli interventi di tre costituenti, Hermann Escarrá, Jesús Farías e Rosa León, a difesa della legge e della sua urgenza. E, quel che è peggio, è stato votato in alcuni casi sulla mera fiducia, dal momento che a diversi legislatori non è stato possibile, malgrado i ripetuti solleciti, accedere al documento prima del voto, come ha denunciato María Alejandra Díaz, una dei soli quattro componenti della Anc che avevano annunciato sulle reti sociali la decisione di astenersi. Senza contare che a vari di loro, secondo quanto dichiarato da uno di questi, Juan C. Flores, sarebbe stato addirittura negato l’accesso alla sessione dell’Anc.

Ma le critiche più dure sono state espresse sui contenuti del provvedimento, che, al di là dei riferimenti alla «piena sovranità sulle ricchezze e sulle risorse naturali» del paese e al rispetto dei diritti della classe lavoratrice, sembrano andare esattamente nella direzione contraria.

Le legge concede a Maduro poteri straordinari, permettendogli non solo di firmare nuovi accordi con imprese private sia nazionali che straniere, ma anche di poterlo fare senza divulgarne il contenuto, in maniera che le compagnie straniere – ha spiegato il costituente Francisco Torrealba – «possano investire in Venezuela senza il timore di sanzioni economiche».

«Il paese crede in me e crede nella legge perché sono stato io a redigerla», ha dichiarato Maduro, ostentando sicurezza. Ma sono molti, a sinistra, e anche all’interno del chavismo rimasto fedele al governo, quelli che alla legge non credono affatto, come indicano i rilievi critici di personalità di spessore come lo scrittore Luis Brito García, considerato uno degli ideologi del chavismo, o di realtà come l’Alternativa Popular Revolucionaria.

Durissimo il gruppo Pensamiento Crítico, secondo cui il provvedimento «violenta l’ordinamento giuridico della Repubblica, la Costituzione e le leggi», aprendo la strada, attraverso il ricorso alla confidenzialità, alla liquidazione delle risorse del paese, alla privatizzazione delle imprese statali, alla cessione dell’industria petrolifera al capitale transnazionale e alla concentrazione del potere nell’esecutivo. Tanto più che le entrate così ottenute, e destinate, secondo la vicepresidente Delcy Rodríguez, all’aumento dei salari, al Sistema di protezione sociale e al rilancio dei servizi pubblici, confluirebbero in un fondo amministrato dal presidente senza altri controlli che quelli della Contraloría general de la República e della stessa Anc, notoriamente dipendente dall’esecutivo.