La Lega punta su Roma e reitera gli attacchi alla giunta di Virginia Raggi. Dopo Matteo Salvini, ieri è stato il turno di Maurizio Politi, consigliere comunale eletto in Fratelli d’Italia e poi passato con il Carroccio. «A livello nazionale c’è un accordo tra M5S e Lega su punti ben specifici, che chiaramente vanno onorati come si onora qualsiasi altro contratto – ha spiegato Politi a Radio Cusano Campus – A Roma invece siamo all’opposizione contro una delle peggiori amministrazioni di Roma». Il capogruppo leghista in assemblea capitolina ha raccontato di aver partecipato alla manifestazione «Roma dice basta» di sabato scorso in piazza del Campidoglio: «Tanti problemi sono stati ereditati, ma Atac sta andando allo sbaraglio, su Ama ci sono problemi di bilancio, per quanto riguarda la manutenzione stradale la situazione è sotto gli occhi di tutti, tutto per un’unica ideologia: la legalità per la legalità. Di tante promesse fatte in campagna elettorale, l’unico risultato è stato l’immobilismo». Poi Politi attacca sul tema della tolleranza zero, a partire dalla sortita di Salvini nel quartiere di San Lorenzo, dove è stata uccisa Desirée Mariottini, per rilanciare il tema degli sgomberi. «Fico dice che ci vuole più amore, Raggi vieta gli alcolici. C’è da andare con la mano pesante, non solo coi clandestini ma anche coi centri sociali che hanno ridotto il quartiere una defecazione a cielo aperto». Sul tema delle occupazioni Salvini e Raggi erano apparsi in linea, poi la sindaca si è trovata a fare i conti con la difficoltà delle situazioni concrete, al di là della sua propaganda. «C’è una competenza del ministero dell’interno, ma è il Comune che deve decidere dove investire le risorse», dice Politi.

Dunque, le manovre di avvicinamento dei salviniani all’amministrazione capitolina proseguono. E comincia a circolare qualche nome spendibile come candidato a sindaco. La rosa salviniana comincia con due donne: Barbara Saltamartini, che ha un passato in An e nel centrodestra e che da un paio di anni ha aderito alla Lega, e l’ex finiana Giulia Buongiorno, attuale ministro del pubblico impiego, che però qualche giorno fa ha smentito ogni mira sul Campidoglio. Matteo Salvini prosegue la sua tattica passivo-aggressiva di logoramento: oscilla tra una critica e un’offerta d’aiuto. Il leader leghista sa che se davvero si dovesse tornare presto al voto a Roma (e sarebbero le terze elezioni amministrative in cinque anni), la Lega non avrebbe nulla da perdere. Alle elezioni politiche ha raccolto all’incirca il 10% nei seggi delle periferie della capitale. Adesso sembra aspirare al grande salto, prosciugando i voti dell’area di centrodestra e puntando a raccogliere consensi tra i grillini delusi.

Pare comunque certo che l’attivismo leghista derivi anche dalla sentenza, attesa per il 10 novembre, del processo per falso che vede coinvolta Raggi. «In caso di condanna la sindaca dovrebbe dimettersi?», è la domanda che attanaglia i vertici pentastellati. Politi risponde di no, ma solo per alzare la mira delle sue critiche: «Non dovrebbe dimettersi per l’eventuale condanna ma per i fallimenti dell’amministrazione». A stretto giro arriva la risposta del capogruppo dell’M5S in Campidoglio Giuliano Pacetti: «Politi si rassegni – dice Pacetti – Se vuole provare a conquistare Roma deve aspettare il 2021 ed anche allora gli daremo l’ennesima sonora lezione come alle amministrative». Pacetti si appella all’alleato di governo: «Ma almeno Salvini lo sa chi sei? Di certo non lo capirà se in piazza ti mischi a quelli del Pd e se per attaccare la Raggi attacchi il tuo nuovo leader che è anche il ministro dell’interno». Se si prova a chiedere che questi attacchi dall’alleato di governo creino imbarazzi, gli eletti provano a distinguere tra il piano amministrativo e quello politico: «A livello nazionale c’è un accordo tra M5S e Lega – dice Teresa Zotta, consigliera comunale – Ma a Roma la Lega è all’opposizione. Adesso abbiamo un governo amico? Non lo so, io dico solo che oggi come ieri i rapporti sono inevitabili e necessari. La politica non può essere campagna elettorale, soprattutto da parte di chi rappresenta la maggioranza. A volte però prevale l’interesse personale».