La Cassazione frena sul referendum abrogativo pro maggioritario ideato dalla Lega, quello che vuole cancellare dalla legge elettorale per camera e senato la quota di seggi assegnati con il metodo proporzionale e trasformare così il Rosatellum in un sistema tutto uninominale. Dall’Ufficio centrale per il referendum è arrivata una richiesta di correzioni alle otto regioni a maggioranza di Centrodestra che avevano presentato a settembre la proposta di referendum abrogativo. Consigli regionali in realtà riassunti e rappresentati dal senatore Calderoli, l’autore dell’escamotage con il quale si vorrebbe bloccare la trasformazione inversa del Rosatellum in un sistema solo proporzionale, immaginata invece da alcune forze di maggioranza. E infatti ieri è stato Calderoli a parlare per tutti e a promettere che le regioni si adegueranno.

Per la Cassazione la richiesta di referendum è mal formulata e andrà riproposta entro un termine stretto, l’8 novembre (in teoria la Corte avrebbe potuto concedere fino al 20). Bisognerà uniformare il titolo del referendum in «Abolizione del metodo proporzionale nell’attribuzione dei seggi in collegi plurinominali, nel sistema elettorale della camera dei deputati e nel senato della Repubblica». Ma soprattutto ai Consigli regionali viene richiesto di comprendere nelle delibere con le quali è stata approvata la richiesta di referendum la formulazione integrale dei testi di legge di cui si chiede l’abrogazione.

Non è una richiesta da poco, perché l’operazione di ritaglio messa in piedi da Calderoli prevede l’abrogazione di ben 43 commi o frammenti di commi di quattro leggi differenti. Compresa quella recentissima firmata dallo stesso Calderoli con la quale si era appena adattato il Rosatellum al taglio dei parlamentari. Era questo il sistema per agganciare la normativa che risulterebbe dall’eventuale vittoria del sì al referendum a un nuovo disegno dei collegi, senza il quale la legge elettorale risulterebbe inapplicabile. Modifiche o non modifiche dei Consigli regionali, non è affatto detto che il complicato sistema possa reggere al controllo della Corta costituzionale, che si esprimerà solo a gennaio. Nel caso in cui almeno 5 consigli regionali riusciranno a far approvare una nuova delibera, con le correzioni, entro due settimane.