L’inquisizione calcistica spagnola non attecchisce in Italia. Se in campo continua a dominare, vincendo nove delle ultime dieci tra Champions ed Europa League, per il controllo dei media deve aspettare. Ieri l’assemblea della Lega di Serie A ha votato all’unanimità per la risoluzione del contratto con il colosso spagnolo Mediapro (a breve di proprietà cinese), che aveva vinto il bando per l’assegnazione dei diritti televisivi per il triennio 2018-21 offrendo ben oltre le più rosse aspettative: 1 miliardo e 50 milioni. Il primo problema è stato che Mediapro voleva replicare qui quanto fatto in Spagna e in Sud America. Sbaragliare la concorrenza offrendo un prodotto già confezionato, che da noi si sarebbe trasformato nel canale della Lega. E puntare forte sulla banda larga.

In Italia però ha dovuto scontrarsi con il monopolio de facto di Sky, che da oltre un decennio domina l’offerta, dettando anche la linea attraverso i suoi opinionisti. E con l’arretratezza di un paese dove la penetrazione della fibra è la più bassa dell’Europa occidentale. Il secondo problema è stato che le porte a Mediapro le aveva spalancate l’alleanza tra Urbano Cairo e Giovanni Malagò, che a gennaio vincevano le elezioni di Lega e Federcalcio ottenendo il doppio commissariamento. E che in pochi mesi si è sgretolata. Di fronte alla durissima reazione di Sky, il contenzioso con Mediapro si è subito trasferito nelle aule di tribunale, e al risorgere di un’opposizione in Figc, con gli sconfitti coalizzati intorno al nome di Giancarlo Abete, il presidente del Coni si è presto sfilato dall’alleanza con Cairo. Mentre nel paese si consumavano battaglie di un certo peso nelle telecomunicazioni – da Mediaset a Tim, con la questione fibra in primo piano – le nuove geometrie variabili della politica economica hanno così portato il presidente del Torino e di Rcs ad allearsi con Claudio Lotito.

L’ex burattinaio del pallone che era stato il grande sconfitto alle ultime elezioni. I voti nelle ultime assemblee di Lega disegnavano alla perfezione questo scenario, facendo anche intendere che Infront, advisor intorno cui si era coagulato il sistema di potere che nell’ultimo decennio aveva tenuto in sacco il pallone, avesse puntato sugli spagnoli.

Ma l’asse di Lotito (e Galliani) ha perso di nuovo. E con loro Cairo. In cambio dell’unanimità contro Mediapro, il presidente della Lazio si è però assicurato quell’ambito posto in consiglio federale che le ultime votazioni senza quorum gli stavano negando, mentre l’altro seggio è andato facile allo juventino Marotta. Ora la Lega potrà riconsegnare il calcio a Sky, che si è alleata con Perform, quelli di Opta, già attivi in mezza Europa. Finita la battaglia, restano sul campo le macerie, ovvero i soliti problemi. La riforma zoppa voluta da Lotti della Legge Melandri, dove i diritti tv sono distribuiti con una sperequazione che non ha eguali negli altri grandi campionati. E il declino di un prodotto in costante calo di appeal.

Ascolti televisivi diminuiti in media del 10%. Media spettatori negli stadi (22mila) incresciosa a fronte di quella tedesca (42mila), inglese (36mila) e anche spagnola (26mila, ma con alcune squadre che giocano in stadi minuscoli). Percentuali di riempimento degli stadi (57%) ancora più impressionanti a fronte del 95% inglese e del 92% tedesco. Insomma, il prodotto calcio ha finalmente trovato un compratore, che è poi sempre lo stesso. Qualcuno affezionato a quella sgualcita e malridotta confezione che riposa abbandonata e piena di polvere nel supermercato del pallone globale. Qualcuno a cui, evidentemente, il calcio piace così.