Quelle che vedi laggiù sono le luci di Albina. In tempi normali ci saremmo potuti arrivare con due euro» si lamenta un piroghiere in lontananza. Il punto di osservazione è una spiaggetta alberata di Saint Laurent, città della Guiana Francese che poggia sul fiume Maroni, al confine con il Suriname.

QUESTE ACQUE RAPPRESENTANO una frontiera poco conosciuta dell’Unione Europea in Amazzonia, una linea istituita nel 1713 con il Trattato di Utrecht. Il territorio, a livello nazionale, è amministrato come Dipartimento d’Oltre Mare e la sua economia è sostenuta dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), programma in supporto delle aree più svantaggiate dell’Unione. Nell’ultimo anno le frontiere della Guiana sono rimaste chiuse in rispetto delle misure di sicurezza anti Covid-19, sia con il Brasile sia con il Suriname. I decreti prefettizi coordinati con l’Eliseo impongono il divieto di spostarsi nei territori contigui, ma in tanti negli ultimi mesi hanno cercato soluzioni poco ortodosse per recarsi in altri stati sudamericani.

MATHIEU, ABITANTE DI SAINT LAURENT du Maroni, racconta che il suo proprietario di casa ha sorvolato due volte l’Atlantico per raggiungere il Brasile. «Ma questa è solo una delle tante soluzioni poco ecologiche che vediamo da queste parti», sostiene la vicina di casa Lucille.

I NUMERI. ENTRAMBE LE SPONDE del fiume Maroni, nonostante i divieti, vengono quotidianamente solcate da piroghe fatte con legno di angelica e per molti abitanti la vita non potrebbe procedere senza la possibilità di spostarsi da un villaggio all’altro; a zigzag tra Guiana e Suriname, ex coloniaolandese. Samuel Zralos, redattore unico del quotidiano France Guyane su Saint Laurent, racconta che su questa frontiera naturale le notizie di spicco, oltre al coronavirus, riguardano temi quali il contrabbando di merci illegali, la paura dei migranti e le denunce dei gruppi ecologisti.

SECONDO L’INSEE (ISTITUTO NAZIONALE di Statistica), il capoluogo di questo arrondissement frontaliero conta una popolazione di circa 45 mila abitanti, ma diverse fonti non governative evidenziano un’impennata demografica significativa: «Alcuni indicatori ci dicono che la nostra area urbana per il 2030 potrebbe superare per popolazione ed estensione la capitale e negli ospedali si contano 3.500 nascite all’anno», spiega ancora Samuel. Questo confine francese è un punto di riferimento per diverse popolazioni caraibiche e sudamericane, nonché luogo di scambi commerciali interregionali, rotta esotica per diversi professionisti qualificati e area di investimenti finanziari per l’Unione Europea. E non solo.

LA POPOLAZIONE E’ IN AUMENTO in quasi tutti i villaggi della frontiera franco-surinamese, abitati principalmente da bushinengee (espressione vezzeggiativa che indica i discendenti degli schiavi africani). Questi provengono dai vecchi territori olandesi, dove la lotta antischiavista ha avuto la meglio alla fine del Settecento. Gli insediamenti che si stanno «smarrendo», al contrario, sono quelli occupati dagli amerindi. Situati principalmente sul delta del Maroni e nel profondo sud del Paese, godono di uno statuto speciale per la gestione della terra e della foresta. Le cosiddette «Zone a diritto d’uso collettivo» afferiscono unicamente a queste comunità attraverso un regime fondiario particolare, tuttavia alcune pratiche ancestrali risultano essere sempre più rare e circostanziate tra gli stessi nativi americani.

È PARADOSSALE COME ALCUNE consuetudini indigene stiano divenendo un volano per la nascita di giovani attività imprenditoriali, come l’agroforesteria amerinda, ad esempio, che è diventata uno slogan per tanti progetti volti allo sviluppo sostenibile del territorio guianese.

ORPILLAGE. ANCHE L’INDUSTRIA mineraria sta iniziando a farsi notare dalle popolazioni più indisturbate, mettendo in pericolo la vita in questo ecosistema equatoriale: «L’oro, una volta filtrato dal terreno, viene compattato e fatto amalgamare con il mercurio», che successivamente viene scaricato nei corsi d’acqua. «Le comunità locali tradizionalmente legate alla pesca non possono più basare la propria autonomia alimentare su questa risorsa», spiega Arno, agente per il Parc Amazonien de Guyane (Pag). Il suo centro operativo si trova nella città meridionale Maripasoula, completamente immersa nel verde saturo della foresta amazzonica. La località dista un’ora d’aereo da Cayenne e otto ore di piroga da Saint Laurent.

DAL BALCONE CHE FA DA INGRESSO al suo carbet, abitazione in legno tipica di questi luoghi, il guardiaparco sembra essere turbato da tutte le informazioni in suo possesso. «Noi ci rapportiamo regolarmente con minatori abusivi ma non arrestiamo mai nessuno». Accompagnato da squadre di militari e gendarmi non può fare altro che chiedere agli operai intercettati di allontanarsi, oltre il fiume Maroni, e poi seguire le pratiche giudiziarie più rilevanti. Secondo l’associazione guianese Maiouri Nature, a conferma delle difficoltà di Arno, nei territori tutelati dal Pag l’orpillage è in forte aumento. «Nel marzo 2020 sono stati contati 143 siti illegali e dall’inizio della crisi sanitaria il numero di scavi clandestini è aumentato».

CON LA CRISI PANDEMICA IL PREZZO dell’oro ha subito un’evoluzione improvvisa. «Ogni opera ingegneristica che viene realizzata nella foresta – tra cui quelle finanziate dai contribuenti europei – rappresenta il cavallo di Troia per un’intera economia clandestina», ci tiene a sottolineare Stephan, ex-militare, oggi custode di un cantiere comunale sul fiume. È il caso, per esempio, della miniera legale di Yaou, non lontana da Maripasoula, nei cui paraggi si sono moltiplicati altri scavi illegali.

«A VOLTE BASTA COSTRUIRE UNA PICCOLA diga o un’antenna per attirare orde di minatori, provenienti principalmente dal Brasile». Di recente, l’iniziativa faraonica Montagne d’Or, avallata da Emmanuel Macron, ha destato l’attenzione di molti osservatori. L’operazione tuttavia è stata sospesa grazie alla pressione esercitata da diverse associazioni, comunità locali e collettivi politici, ordequestion è il nome del fronte creatosi in opposizione al progetto. Lo scavo, ideato dalla canadese Columbus gold e la russa Nord gold, potrebbe impadronirsi di uno spazio di 8 chilometri quadrati in piena foresta amazzonica, consumerebbe l’8,5% della capacità elettrica dell’intero Paese e avrebbe bisogno per l’estrazione di 140 mila litri d’acqua ogni ora. Nel gruppo Facebook del coordinamento ecologista, tra i post più recenti si legge: «L’Ue dovrebbe abbandonare i suoi piani di espansione massiva e di sfruttamento minerario».

IDENTITÀ. SEMPRE SECONDO L’INSEE proprio nel tratto tra Slm e Maripasoula il tasso di evoluzione annuale medio delle popolazione è in crescita, con dati divergenti rispetto agli altri cantoni. In particolare a Maripasoula, Gran Santi e Papaïchton. Quest’ultima è una cittadina molto accogliente, circondata da un rilievo collinare e amata dai turisti più avventurosi. Ma la calma è solo apparente. Anton, la cui famiglia risiede a Papaïchton da più generazioni, si considera un ribelle anti-colonialista ed il suo gruppo etnico, il popolo Boni, rivendica il ruolo di custodia morale di queste terre: «Arriverà il giorno in cui ci ribelleremo ancora, e in molti, come i minatori brasiliani, torneranno da dove sono venuti». Anche sua sorella Jade, insegnante alla scuola materna, è fiera delle proprie origini e anche se ne avesse la possibilità, non ha intenzione di andarsene.

CON IL FRATELLO CONDIVIDE UN GRANDE giardino con alberi di mango, piante medicinali, animali domestici e visitatori occasionali; tra cui la scimmia urlatrice, gli agutì e varie specie di serpenti. «Poter insegnare da queste parti è una grande opportunità, è importante far conoscere le ricchezze di cui disponiamo e la storia di cui facciamo parte», spiega senza riferirsi all’oro. La Guiana, come molte regioni di questo continente, è diventata un territorio di tutti e di nessuno. Un groviglio culturale, che a causa di interessi economici di larga scala, potrebbe divenire motivo di conflitti sociali. Come Jade, in molti hanno scelto l’attività pedagogica, iniziando dallo spiegare le caratteristiche ecologiche del plateau guyanese ed il suo enorme bagaglio storico e naturalistico. È anche il caso di Lucille, animatrice di attività didattiche nella foresta, il suo carbet attorniato da mangrovie si trova a soli 20 minuti di macchina da Saint Laurent. Lei, come molti altri, è dello stesso parere di Anton e Jade riguardo al suo ambiente: «Non è una questione identitaria, ognuno sceglie il luogo in cui vivere. E quali mezzi adottare per difenderlo»59