La tragedia del barcone senza fine dei morti nel Mediterraneo dovrebbe suscitare un movimento di sdegno in tutta Europa, dovrebbe portare ad una occupazione del Parlamento e della Commissione Ue a Bruxelles, principale responsabile di questo massacro. Ma, sappiamo che non andrà così.

La maggioranza della popolazione europea guarda ormai con distacco, quando non con fastidio, a queste tragedie. Il dibattito politico, e nei talk show, è incentrato sui pericoli di questa invasione: prima l’Ebola, poi la scabbia, infine il terrorismo.

Anche noi italiani siamo profondamente cambiati nella percezione e visione dell’immigrazione. Si può dire che oggi l’Italia sia un paese a maggioranza razzista. Non è una impressione, ma il risultato di diverse indagini sul campo. Fra le tante vorrei citarne una condotta da un giovane ricercatore, Sergio Villari, mettendo a confronto gli operai edili della Calabria e della Sicilia con quelli del Veneto. Risultato sorprendente: nel sud c’è più razzismo che nel nord leghista.

La base materiale di questa ostilità nei confronti degli immigrati sta nel fatto che nel Mezzogiorno gli operai italiani non qualificati sono percentualmente più presenti che nel nord e quindi risentono maggiormente la concorrenza di una forza lavoro (nell’edilizia soprattutto rumeni ed albanesi) disposta a lavorare a condizioni peggiori. Non è un caso che Salvini abbia abbandonato la linea secessionistica e sia venuto al Sud per accrescere i suoi consensi arrivando , a Palermo, a chiedere scusa ai meridionali.

E’ lontano il tempo in cui gli immigrati erano bene accolti a braccia aperte dalle popolazioni meridionali, e le associazioni di volontariato, le Ong, si mobilitavano nel portare soccorsi, mentre nessuno pensava che si potesse fare dell’accoglienza un business.

Il 26 dicembre del 1997 arrivava sulla spiaggia di Badolato marina un barcone con più di 800 curdi. La popolazione li accolse e li portò nel vecchio paese, a cinque chilometri di distanza, in alto su una collina dove il vecchio paese era stato in gran parte abbandonato. Li ospitarono nelle loro case, gli portarono stufe e coperte, e fecero a gara negli offrirgli da mangiare.

Il sindaco di Badolato mi chiamò, in qualità di responsabile del Cric, una Ong molto attiva in quegli anni, per avere un aiuto nella gestione di questa insolita situazione per un piccolo paese meridionale. Nacque così l’idea che gli immigrati potessero far rinascere i paesi abbandonati della Calabria, e non solo. Con i curdi che decisero di restare a Badolato vennero aperte botteghe artigianali, un grande ristorante curdo, e soprattutto vennero ristrutturate una trentina di casette che dovevano servire per una forma ancora sperimentale di “turismo solidale”.

Grazie all’appoggio delle reti di economia solidale, di tante associazioni , e di Longo Mai, una comunità anarchica della Provenza, arrivarono migliaia di turisti solidali che fecero rivivere il paese per qualche tempo. Fu durante quella bella esperienza che incontrai un giovane, Domenico Lucano, che venne a Badolato con i membri della sua associazione proponendoci di dare una mano per fare anche di Riace un centro per accogliere gli immigrati.

Cinque anni dopo Domenico Lucano divenne sindaco di Riace e dopo qualche anno di straordinaria attività di accoglienza, arrivò anche il famoso Wim Wenders che si innamorò di questa esperienza e girò “Il volo”. Lo stesso Wenders nel 2009, di fronte alla presenza di dieci Nobel per la pace, disse che la vera civiltà era quella che lui aveva trovato in un paesino della Calabria, Riace.

In fondo sono passati pochi anni ma è cambiata un’epoca. Certamente i media hanno svolto un ruolo devastante, diffondendo la paura come mai prima. Nessuno informa sulle decine di migliaia di immigrati che lavoravano in Italia e oggi sono tornati nel loro paesi (rumeni, bulgari, albanesi, argentini, cileni, brasiliani ecc.), per cui esiste un flusso di nuovi arrivi quanto di ritorni in patria. Ed anche in quello che una volta si chiamava il “fronte progressista” l’unica proposta che avanza è la creazione di un corridoio umanitario facendo uno screening sulle coste del nord-Africa e accettando solo coloro che fuggono dalle guerre.

E quelli che fuggono dalla fame, dalla miseria, dal deserto sociale creato dalla globalizzazione capitalistica che cosa ne facciamo? Sono colpevoli di cercare una vita migliore e li dobbiamo rinchiudere da qualche parte, magari sulle coste libiche? Certo, un corridoio umanitario sarebbe già un passo in avanti, un’alternativa all’immobilismo, ma è tutta la questione dei flussi migratori che va ripensata, perché non si tratta di un fatto strutturale che richiede una risposta ed una strategia di lungo periodo. A partire dal diritto alla vita: per questo l’Italia e l’Europa anziché triplicare Triton dovrebbero abolirla per ripristinare le operazioni di salvataggio in mare.