Il conflitto siriano tocca sempre più da vicino Beirut. Due razzi hanno colpito sabato notte i quartieri periferici sud-occidentali della capitale libanese, causando almeno quattro feriti. «Gli autori di questi attacchi sono dei terroristi e dei vandali che non vogliono la pace e la stabilità del Libano», ha denunciato il presidente Michel Soleiman, sempre più preoccupato anche dagli scontri ormai giornalieri e con decine di vittime, nella città settentrionale di Tripoli. Dal canto suo, il leader del movimento sciita libanese Hezbollah, Hassan Nasrallah ha spiegato lo scorso sabato che il suo movimento è dovuto intervenire nel conflitto siriano perché la Siria ha sempre rappresentato «la protezione della resistenza». Non solo, secondo Nasrallah, la sconfitta di Assad comporterebbe l’immediata invasione del Libano da parte di Israele. Aumenta anche il numero di combattenti di Hezbollah, schierati al fianco dell’esercito siriano, uccisi nei combattimenti di Qusayr. Secondo gli insorti, il numero totale di morti tra le fila di Hezbollah è di 141 persone – 79 solo nelle ultime ore.

Negli scontri di ieri, la giornalista della tv di Stato siriana Al-Ikhbariya, Yara Abbas, è stata uccisa a Qusayr. Mentre due giornalisti francesi di Le Monde hanno denunciato l’uso di gas tossici da parte delle forze del regime sul fronte di Jobar, (ma tante e addirittura dell’Onu, sono le fonti che attribuiscono l’uso di gas anche ai ribelli). Infine, il Consiglio Onu sui diritti umani, riunito a Ginevra, terrà un dibattito urgente sulla situazione in Siria il prossimo 29 maggio.

Intanto fervono i preparativi della conferenza di pace Ginevra II. I ministri degli Esteri dell’Unione europea stanno discutendo la richiesta inglese e francese per alleggerire le sanzioni contro la Siria per spingere, da una parte, il regime al negoziato e, dall’altra, fornire più efficacemente i ribelli di armi. Per questo il ministro degli Esteri inglese, William Hague, ha parlato di un «chiaro segnale per spingere al negoziato il presidente Assad». Sul tema dell’embargo di armi alla Siria «c’è uno spirito forte per cercare di trovare una buona soluzione europea». Lo ha detto l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza Catherine Ashton, al suo arrivo alla riunione dei ministri degli Esteri dei 27. Da parte loro, i governi austriaco, come quello ceco, olandese, finlandese e svedese si sono opposti alla fornitura di armi ai ribelli perché «equivarrebbe a più guerra».

Tuttavia, la maggioranza dei 27 Paesi Ue sembra non volere una variazione dei termini dell’embargo. Sul tavolo, c’è la possibilità di permettere l’invio di equipaggiamenti militari con varie restrizioni, anche se aumentano i timori che gli armamenti vengano spesso intercettati da combattenti jihadisti.

Dal canto loro, gli esponenti delle opposizioni hanno dato il via libera alla partecipazione alla conferenza. Lo ha annunciato Hassan Abdul-Azim, aggiungendo che «faranno tutto il possibile affinché la conferenza venga organizzata e si concluda con successo». Il Segretario di Stato John Kerry e il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov avevano lanciato un aut aut alle opposizioni in merito alla decisione di partecipare o meno alla conferenza. Proprio sulle divisioni interne alle opposizioni, hanno puntato il dito i ministri degli Esteri italiano e tedesco. Anche se Emma Bonino si è detta «fiduciosa» al suo arrivo a Bruxelles per un possibile alleggerimento dell’embargo.

Da fonti del ministero degli esteri di Damasco, anche il regime siriano sarebbe pronto a partecipare alla conferenza Ginevra II; del resto il ministro degli esteri siriano Walid Mouallem ha dichiarato questa intenzione incontrando a Baghdad il premier iracheno Maliki. Alla riunione potrebbe aggiungersi l’Iran, nonostante l’opposizione francese. Proprio ieri, Tehran ha concesso a Damasco due linee di credito per complessivi 4 miliardi di dollari e prevede di aprirne una terza, per sostenere l’economia del Paese, colpita dalle sanzioni internazionali. Lo ha annunciato il governatore della Banca centrale siriana. «L’Iran continua a sostenere la Siria, aprendo una linea di credito da un miliardo di dollari per finanziare l’importazione di diversi beni, e un’altra da tre miliardi per finanziare le necessità del Paese per quanto riguarda petrolio e prodotti derivati», ha detto Adib Mayalé. Mentre, domani si apre in Iran una seconda conferenza sulla Siria dopo quella del novembre scorso, intitolata «soluzione politica e stabilità regionale».