Il 7 marzo del 2019, Freddy Mahamba è il 178esimo ranger del Parco congolese del Virunga ucciso per mano di bracconieri. Lo scorso anno sono stati dodici i ranger del Virunga caduti in conflitti a fuoco, confermando il triste primato di essere l’area protetta più letale al mondo.

Tra Repubblica Democratica del Congo, Uganda e Ruanda si sviluppa un vasto ambiente fatto di montagne, foreste e vulcani che ha preservato molte delle caratteristiche primigenie naturali e culturali dell’area equatoriale africana. Qui vivono gli ultimi nuclei dell’etnia bambuti dei Pigmei ed è il luogo dove è stato scoperto appena un secolo fa l’Okapi, un raro giraffide di foresta.

Nell’area del Virunga è istituito nel 1925 il primo parco nazionale del continente africano, nato per proteggere il gorilla di montagna, una specie a rischio critico di estinzione. È tra queste foreste che la primatologa Dian Fossey inizia la sua ricercasul gorilla, una specie ancora scarsamente studiata. A seguito della crisi politica del 1965 per l’ascesa al potere di Joseph Mobutu, proclamatosi presidente del Congo, è costretta a spostarsi in territorio ruandese, fondando il centro ricerche di Karisoke. Da qui ha informato il mondo sulla strage dei gorilla a causa del bracconaggio e della distruzione della loro foresta. La vita della ricercatrice, fino al suo assassinio avvenuto nel 1985, è descritta nella toccante autobiografia Gorilla nella nebbia. Da allora, la sorte dei gorilla continua ad essere legata alla instabilità politica del Congo, iniziata con Mobutu e proseguita fino all’ultimo presidente Joseph Kabila, senza mai raggiungere una reale pacificazione del paese.

NEL TERRITORIO DEL VIRUNGA trovano ancora rifugio numerose bande armate che operano illegalmente e compiono arruolamenti, spesso forzati. Parte dei finanziamenti per l’acquisto di armi sono anche ottenuti dal commercio di preziosi minerali, quale il coltan, e dalla vendita di avorio, pelli pregiate e giovani gorilla. Il bracconaggio ha condotto la popolazione di gorilla ad un passo dall’estinzione, raggiungendo la pericolosa soglia di 300 esemplari rimasti appena una trentina di anni fa. In seguito, anche con il supporto di fondazioni internazionali, sono state incrementate molte delle azioni di salvaguardia, e il Virunga è entrato a far parte dei beni tutelati dall’Unesco. Fondamentale è stato l’ampliamento del parco nel versante congolese del Ruwenzori, sul lago Edward, e il potenziamento del corpo di sorveglianza. I ranger, circa 800 uomini e 27 donne, sono l’unica linea di difesa al dilagare del bracconaggio e alle aggressioni delle milizie armate che si nascondono nell’area protetta. A nord si rifugia la guerriglia islamista ugandese che mira alla destabilizzazione del vicino Ruanda e opera in Congo come bacino di arruolamento e nella gestione abusiva delle cave dei «minerali insanguinati», di cui il coltan è il più prezioso e richiesto. Nella provincia del Katanga, ricca di giacimenti minerari e che nel 1960 è stata il cuore di una sanguinosa guerra civile, operano le bande Mai Mai che rivendicano la secessione dell’area del lago Edward, dove sono ancora segnalati gli arruolamenti forzati di bambini rapiti nei villaggi.

NEI TERRITORI MERIDIONALI si muovono le bande armate del Fdlr, derivate dalle milizie hutu responsabili dei genocidi in Ruanda e riparate in Congo dal 1994. Emmanuel de Merode è il direttore del parco nazionale. Nonostante il grave attentato che anni fa lo ha ferito gravemente, è rimasto alla guida di uno dei territori più pericolosi del continente africano, in cui si intrecciano bracconaggio, lotta armata e gli interessi di spregiudicate multinazionali. «La nostra sicurezza è continuamente minacciata dalle bande armate che mirano al anche controllo del territorio e delle risorse naturali. Alcune compagnie minerarie e petrolifere hanno il loro appoggio per lo sfruttamento di giacimenti illegali di petrolio e di coltan, minerale di cui il Congo è uno dei maggiori produttori. I ranger del Virunga operano in un teatro di guerra in cui ognuno cerca il suo guadagno: bracconieri, forze miliziane, politici corrotti e multinazionali dell’energia».

IL 22 LUGLIO DEL 2007, il patrimonio del Virunga ha subito uno dei più gravi attacchi: un nucleo familiare di sei gorilla viene sterminato per impossessarsi dei cuccioli, molto richiesti dal mercato illegale. Per gestire i sopravvissuti della famiglia di Rugendo è istituito il centro di recupero di Senkwekwe, diretto da Andre Bauma, un ranger che ne è diventato il padre adottivo. «Senkwekne è l’unico luogo al mondo dove sono ricoverati dei gorilla di montagna. Qui ci occupiamo degli orfani a causa del bracconaggio o sequestrati nel mercato illegale», e aggiunge, «ogni nucleo di gorilla prende il nome da uno dei ranger caduti in conflitti a fuoco: è la dedica più intima per chi ha donato la vita per il Virunga e i suoi animali».

Nel 2012 Andre Bauma, durante scontri a fuoco nei pressi di Senkwekwe tra miliziani del movimento M23 e truppe governative, si è rifiutato di abbandonare il centro ed è rimasto a difendere Ndacasi, Maisha, Kaboko e Ndeze, i quattro orfani della famiglia di Rugendo. Christian Shamavu è il responsabile dell’unità speciale K9, composta da alcuni ranger e da cani di razza Sant’Uberto specializzati nella ricerca di tracce di sangue. «Ci sono bracconieri che in pochi giorni possono catturare e uccidere molti animali. I nostri cani sono in grado di seguirne le tracce per giorni e individuarli nei loro accampamenti nella foresta». Christian svolge anche indagini in anonimato lungo il confine tra Congo e Ruanda sulle tracce del commercio di animali protetti. Nel 2011, fingendosi interessato all’acquisto, è riuscito a salvare un giovane di gorilla catturato nel Virunga.

ANGELE NZALAMINGI è una delle donne ranger del Virunga, ha 26 anni e una grande passione per il suo lavoro e la corsa. «L’anno scorso mi sono iscritta alla maratona di Londra per rappresentare il parco i questa importante competizione sportiva. Mi sono allenata per mesi correndo con gli anfibi lungo le piste fangose della foresta: le normali scarpe da running le avrei distrutte in poco tempo», dice Angele. Grazie ad un progetto di crowfounding di cui Angele è la testimonial, sono stati raccolti 200 mila euro per un fondo a sostegno dei familiari dei ranger caduti in servizio. Ad un mese dalla maratona, Rachel Masika, collega e amica di Angele, è uccisa in una imboscata mentre accompagnava una coppia di britannici sul vulcano Nyiragongo, area aperta al turismo che si riteneva sicura. È l’ultimo duro colpo per il parco, che è costretto a chiudere i suoi confini alle visite turistiche e sospendere il percorso di normalizzazione che ha portato circa 10 mila visitatori stranieri nell’ultimo anno. Emmanuel De Merode, preoccupato per questa decisione, non mostra però alcuna intenzione di rallentare la pacificazione del Virunga: «Nel caos politico in cui continua a vivere il territorio congolese, i rangers rappresentano la sola tutela per l’ambiente e le centinaia di villaggi del Virunga dalle incursioni delle bande armate», e continua, «dal compito primario di proteggere la popolazione di gorilla sono diventati un corpo abile a contrastare le azioni delle milizie. Grazie al nostro lavoro, l’anno appena trascorso ha visto la popolazione di gorilla raggiungere per la prima volta il numero di 1000 esemplari in libertà».

LA GUERRA PER IL VIRUNGA si combatte anche fuori dalla giungla, e la minaccia è ancor più avida del suo territorio. Nel 2012 la Soco international, una società petrolifera con sede a Londra, è riuscita ad ottenere la concessione per lo sfruttamento di idrocarburi nel lago Edward, territorio incluso nell’area protetta. Per fermare le trivellazioni, che avrebbero compromesso un sistema sociale in cui 40 mila persone vivono grazie alla pesca tradizionale, si è battuto Rodrigue Katembo, il ranger responsabile del settore centrale del parco. Ha investigato sulle attività illegali delle compagnie che facevano riferimento alla Soco, portando alla luce la corruzione e il sistema di tangenti per ottenere le concessioni. Le sue indagini, oggetto del docufilm Virunga prodotto da Leonardo Di Caprio, hanno portato alla sospensione nel 2015 delle attività della Soco nell’area protetta. Katembo ha anche contrastato lo sfruttamento illegale del coltan, facendo chiudere otto miniere e liberando 1400 minatori che lavoravano in condizioni di semi schiavitù. Per la sua attività il ranger è stato insignito nel 2017 con il premio Goldman Environmental Prize, il Nobel per l’attivismo ambientale. La nuova sfida per il parco è adesso quella di creare opportunità di lavoro. Con la realizzazione di scuole, aziende agricole e piccole centrali idroelettriche si sono creati 5 mila posti di lavoro, in cui circa l’8 per cento è occupato da ex combattenti che hanno abbandonato le armi e sono rientrati nella vita civile del parco. «Più lavoro vuol dire maggiore appoggio dalla popolazione locale, efficace utilizzo delle risorse locali e conseguente indebolimento delle milizie», dichiara infine Emmanuele de Merode. Il Virunga è ancora un luogo dove si muore per la difesa del suo territorio naturale, ma anche dove si continua a combattere per uscire dalle nebbie di un oscuro passato.