A margine dell’inchiesta sulla Fifa e i suoi livelli apicali che ha rischiato di sconvolgere per sempre gli equilibri di chi comanda nel calcio mondiale (ipotesi che pare tramontata vista la rielezione di Blatter) si è consumato l’ennesimo scontro diplomatico tra Russia e Stati uniti, desiderosi – a quanto pare – di confrontarsi in ogni arena disponibile.

A questo giro è stato Putin a cominciare, forse con un sentimento che potrebbe tradursi con un proverbiale «coda di paglia». Il leader russo, infatti, ha accusato gli Stati uniti di volere interferire anche con l’organizzazione mondiale del calcio, allo scopo di far cadere proprio il suo amico e alleato Blatter, portando così il calcio mondiale a ripensare relazioni e soprattutto assegnazioni. Il piatto caldo, infatti, è quello dei mondiali del 2018 che la Russia ha ottenuto (in modo non proprio trasparente, secondo le inchieste) e non vuole assolutamente perdere.

Sullo scacchiere mondiale come ben sappiamo (come dimostra, ancora una volta un mondiale, quello successivo a Mosca, in Qatar nel 2022) una competizione planetaria di calcio rappresenta soldi, entrate, turismo, occasioni ghiotte per ricostruire città e infrastrutture e una buona dose di soft power grazie alla vetrina internazionale.

Putin, a ragione dal suo punto di vista, di fronte al «movimento» americano ha sentito puzza di bruciato e ha tuonato contro la tendenza americana a occuparsi di cose che non dovrebbero riguardarla, inseguendo le persone anche fuori dalla propria giurisdizione (a proposito Putin ha citato tanto Snowden quanto Assange). Secondo molti osservatori internazionali e alcuni analisti russi considerati indipendenti dalla stampa Usa, lo scopo del leader sarebbe stato quello di agire in anticipo.

Come dire: se puntate a togliere alla Russia il mondiale, scordatevelo. Secondo Putin l’inchiesta Usa mira a ridisegnare gli equilibri del calcio mondiale, a cavallo dei quali la Russia può contare sulla sua storica amicizia con Blatter. In realtà, al di là delle frasi di circostanza degli americani che ovviamente hanno negato un secondo fine geopolitico (ma lo fanno quasi sempre), in questo caso pare che tutto si possa ridurre più a questioni tattiche anziché strategiche.

Non a caso infatti, sebbene gli Usa abbiano supportato nell’ultima elezione il rivale di Blatter, sono sempre stati alleati del grande vecchio della Fifa (come dimostra l’assegnazione, un’era fa, ma tant’è, agli Usa dei mondiali del 1994 giocati a orari impossibili, con il risultato di propinarci uno dei mondiali più tristi della storia). L’elezione di Blatter dovrebbe mettere tutto a posto: rassicurare Putin circa il mondiale russo e consentire all’inchiesta (e a eventuali mire americani più nascoste) di proseguire. Nel calcio, insomma, tutti gattopardi.