Il monito del papa all’Europa perché si faccia rapidamente carico dei 49 naufraghi salvati da Sea Watch e Sea Eye, dimostra come i governi dell’Ue stiano perdendo oramai ogni credibilità, impegnati cinicamente nei loro interessi elettorali.

In questa guerra mediatica, gli argomenti usati da Salvini per giustificare l’orrore delle sue decisioni, poco o per nulla contrastate dagli altri governi e dai suoi alleati, continuano ad essere falsi, ma non per questo meno efficaci anche per responsabilità di quasi tutta la stampa e per l’assenza di contraddittorio. In uno dei suo ultimi Tweet il ministro dell’Interno ha dichiarato «(…) Fate quello che volete, ma per chi non rispetta le leggi i porti Italiani sono e rimarranno chiusi». A quale fattispecie di reato si riferisce? All’ingresso senza visto? Il ministro sa bene che non esiste alcuna modalità di ingresso legale per queste persone: non si può entrare regolarmente in Italia per chiedere asilo, così come non esiste la possibilità di entrare in Italia per cercare lavoro.

Ricordiamoci che stiamo parlando di sole 49 persone, potenziali richiedenti asilo, quando sappiamo che sono più di 68 milioni le persone nel mondo in fuga dalle loro case a causa di conflitti, guerre e carestie.

L’Italia quanti ne vuole accogliere? Zero, «abbiamo già dato»; Salvini sostiene infatti che l’Italia ha già fatto il proprio dovere e chiede a Malta di fare altrettanto, permettendo lo sbarco. Peccato però che i numeri – disponibili sul sito di Eurostat – raccontino un’altra storia e cioè che Malta ha fatto più dell’Italia se si rapportano le richieste di asilo al numero di abitanti: la piccola isola, poco più grande della nostra Napoli, in questi anni ha dovuto gestire 27 richieste di asilo politico ogni mille abitanti. Più del triplo rispetto alle 7,9 istanze di protezione internazionale ogni mille residenti presentate in Italia.

I dati sugli arrivi via mare nell’Ue parlano ancora una volta di un’Europa assente sul piano dell’accoglienza. Se nel 2018 sono state 115 mila circa le persone che hanno attraversato il mare per giungere in Europa, contro le 170 mila del 2017 (dati Unhcr), è bene ricordare che l’Ue, con i suoi 500 milioni di abitanti (senza contare la ricchezza dei paesi europei e le loro responsabilità internazionali nelle guerre in corso e nel sostegno alle dittature), dovrebbe farsi carico, se si potesse procedere a un’equa distribuzione, di circa 5 milioni di persone in fuga (circa 7% del totale dei profughi), e l’Italia (12% dei residenti nell’Ue) di circa 600 mila persone. L’Italia in realtà ha accolto poco più di mezzo milione di domande d’asilo nei 10 anni che vanno dal 2008 al 2017, e non in un solo anno, come avrebbe dovuto essere per equità. Altro che «abbiamo già dato», come dice il ministro della propaganda.

Tutta la politica europea sembra concentrarsi solo sui respingimenti. In primis l’Italia che di recente ha annunciato l’apertura dell’ennesimo bando per finanziare le operazioni di rinvio nei lager libici delle persone che sono riuscite a fuggire da quell’inferno. Una strategia in continuità con la politica di Minniti e del governo di centro sinistra, è bene ricordarsene, di criminalizzazione del salvataggio in mare e della solidarietà che, combinandosi con quella di Salvini di chiusura dei porti, ha fatto tragicamente aumentare il bilancio dei morti nel Mediterraneo. Gli sbarchi continuano nonostante tutto e nel silenzio di chi interviene solo al fine di condannare chi fa il soccorso in mare: migliaia di persone continuano a mettere a rischio la propria vita per raggiungere le coste italiane.

In queste ore, insieme al futuro e alla credibilità dell’Ue, con il destino delle 49 persone bloccate al largo di Malta, sono in gioco anche le stesse fondamenta della democrazia, come ha sostenuto su queste pagine Luigi Ferrajoli. Se non si costruisce una ampia risposta sociale e culturale, oltre che politica, all’altezza della sfida, ricorrere alla magistratura e alla Corte Costituzionale non basterà.