La guerra del governo Renzi contro i poveri è iniziata ieri a Roma. Quarantadue nuclei familiari che occupano dal 6 aprile 2013 un palazzo ex Asl in piazza Attilio Pecile si sono visti rifiutare la richiesta di residenza in quanto «l’edificio non riveste i requisiti di civile abitazione ed è oggetto di procedimento penale per occupazione abusiva» si è letto nella raccomandata inviata all’agenzia diritti dell’ottavo municipio dai servizi demografici del Comune.

È il primo passo che segna l’applicazione dell’articolo 5 del «piano Lupi» sull’emergenza abitativa, il provvedimento convertito in legge da una manciata di settimane. Chiunque occupi un immobile «senza titolo», a Roma come nel resto del paese, non può chiedere la residenza né l’allacciamento di luce, acqua e gas. Tutti gli atti che fino ad oggi hanno regolarizzato queste situazioni per il governo «sono nulli a tutti gli effetti di legge».

È stata così innescata una bomba sociale ad orologeria destinata ad esplodere nelle prossime settimane e travolgerà, secondo un censimento approssimativo ma non lontano dalla realtà, almeno 100 occupazioni abitative nella Capitale. Palazzi, residence, immobili pubblici o privati dove vivono migliaia di italiani e stranieri. Qualcuno sostiene che siano più di 10 mila persone.
«Riteniamo inammissibile che una legge possa negare un diritto soggettivo come la residenza rendendo di fatto queste persone invisibili» afferma Fabrizio Nizzi di ACTion, il movimento urbano che ha occupato l’immobile di piazza Pecile insieme alle famiglie durante il primo «Tsunami Tour» del 2013.

«Il piano Lupi – prosegue Nizzi- definisce la figura dell’“occupante senza titolo”. Per rientrare in questa fattispecie devi essere denunciato all’autorità giudiziaria e attendere una sentenza definitiva di condanna. Fino ad allora sei un presunto innocente. Ora, quando si verificano questi casi, ad essere denunciati non sono i singoli occupanti, ma gli attivisti dei movimenti che infatti hanno spesso fino a 60 denunce a testa. Nessuno di coloro che abitano in questo immobile è stato denunciato».

La negazione del diritto di residenza cancella, d’un colpo, il diritto di queste persone ad usufruire dei servizi sociali, della sanità e, per le decine di minori presenti nell’occupazione, la possibilità di frequentare la scuola.

Così facendo, il governo sancisce anche la loro esclusione dall’accesso ai diritti fondamentali in base ad una condizione sociale di povertà o di marginalità sociale. Secondo i giuristi che l’hanno analizzata, la legge Lupi viola un grappolo di articoli della Costituzione: l’articolo 16 che stabilisce il diritto alla mobilità dei cittadini sul territorio nazionale, l’articolo 30 che prevede il diritto-dovere dei genitori di mantenere e istruire i figli, l’articolo 31 che protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù.

C’è poi la violazione di una sentenza del Consiglio di Stato che prevede l’obbligo dell’iscrizione all’anagrafe e quella che fissa la residenza in un comune al di là della condizione sociale. Contro questi «atti discriminatorio e lesivi dei diritti fondamentali dei cittadini», ACTion promette di fare ricorso.

Da giorni circola in rete una petizione firmata, tra gli altri, da Ascanio Celestini, Sandro Medici, Sandro Portelli, Luciana Castellina o Moni Ovadia che invita alla disobbedienza civile e amministrativa contro il piano casa. Segnaliamo anche quella analoga lanciata dalla rete dei movimenti “abitare nella crisi”

«La condivido, ma non la posso firmare al momento – afferma il presidente dell’Ottavo Municipio di Roma Andrea Catarci – Atti di disobbedienza contro un provvedimento incostituzionale e intriso di cattiveria sociale come questo sono necessari, ma i miei funzionari non lo possono fare perchè sono tenuti a far rispettare una legge sbagliata». Cosa farete allora? «Siamo in attesa di un chiarimento da parte del Comune sull’applicazione delle norme al patrimonio pubblico e privato – risponde Catarci – Se l’articolo 5 si applica solo a quello pubblico, è evidente che non si applica alla gran parte delle occupazioni abitative Per il momento non rispondiamo e abbiamo bloccato tutto».

La petizione è stata firmata anche da Walter De Cesaris, segretario nazionale dell’Unione Inquilini: «Stiamo studiando la questione ma solleveremo la questione di incostituzionalità – afferma – questo provvedimento affronta il grave problema del disagio abitativo come una questione di ordine pubblico e dimostra la sua natura antisociale violando i diritti fondamentali alla persona».