Dopo essere rimasta ibernata per 7 anni, l’Eubam (European Union Border Assistance Mission) potrebbe tornare in vita. La pressante richiesta dei palestinesi perchè sia tolto l’assedio che dal 2007 soffoca Gaza e riaperto il valico di Rafah con l’Egitto, ripropone un possibile ruolo per il contingente degli osservatori dell’Ue rimasto inutilmente parcheggiato in Israele a carico del contribuente europeo che ha speso ogni anno un milione di euro. Anche il ministro degli esteri e leader dell’ultradestra israeliana Avigdor Lieberman ora fa riferimento a monitor europei da impiegare lungo le linee di confine tra Gaza e l’Egitto, ipotizzando una forte partecipazione tedesca. Dopo sette anni è venuto un nuovo tempo per Eubam? Qualche palestinese se lo augura, molti altri chiedono una radicale ridefinizione della funzione svolta in passato dagli osservatori.

 

Facciamo un salto all’indietro nel tempo, al 2005. Gli accordi seguiti al “ridispiegamento”, ossia il ritiro da Gaza di soldati e coloni voluto dallo scomparso premier israeliano Ariel Sharon, fissarono per il terminal di frontiera di Rafah – l’unico dei territori occupati palestinesi non occupato da Israele – delle procedure molto rigide. In sostanza gli osservatori dell’Ue (81, anche carabinieri italiani, di 16 paesi) tenevano d’occhio i controlli di bagagli e persone svolti dalle guardie di frontiera palestinesi ed egiziane e presentavano rapporti agli israeliani. Questo impiego è andato avanti fino al 2007 quando, dopo la presa del potere da parte di Hamas a Gaza, Israele ha unilateralmente messo fine alla missione Eubam grazie alla clausola che aveva strappato nel 2005 durante le trattative sul ritiro. Tel Aviv impose che la base di Eubam fosse in territorio israeliano, ad Ashqelon, e non in Egitto o a Gaza. Ciò comportava il trasferimento quotidiano dei monitor al valico di Kerem Shalom (qui si incrociano i territori di Gaza, Egitto e Israele) da dove poi si dirigevano verso Rafah. Quando Hamas prese il potere a Gaza, alle autorità israeliane bastò tenere la sbarra di Kerem Shalom abbassata davanti ai convogli di Eubam per chiudere automaticamente il valico di Rafah: l’accordo internazionale infatti prevedeva l’apertura del terminal solo con la presenza degli osservatori.

 

Da allora ogni anno l’Ue ha pompato quasi un milione di euro per tenere in vita ciò che resta del contigente: otto monitor, quattro locali e quattro stranieri, in due uffici. Fino al 2009 la sede centrale era in un hotel di Ashqelon. Nel 2011 quando da lungo tempo non svolgeva più alcuna funzione, Eubam impiegava 13 osservatori europei e 10 assistenti locali. Nel luglio 2013, Gerhard Schlaudraff, un anziano diplomatico tedesco, è stato nominato il nuovo capo della missione e l’Ue ha esteso il mandato per un altro anno con un budget di 940.000 euro (tra le proteste di Austria e Lussemburgo che hanno tagliato i loro fondi). Dopo 7 anni l’Eubam potrebbe rinascere ma se la sua base sarà mentenuta in Israele, la missione potrebbe non garantire con continuità la piena apertura del valico di Rafah