Il 30 giugno 2016 Rodrigo Duterte si è insediato come presidente delle Filippine, e sin dal primo giorno del suo mandato conduce una spietata guerra contro la droga. I numeri ufficiali, rilasciati dalla Polizia Nazionale Filippina (Pnp), parlano chiaro,4942 persone uccise, di cui: il 40% in operazioni della polizia e il restante 60% da vigilantes non identificati.

La guerra si basa in larga parte sull’operazione Tokhang, un termine nato dalla contrazione di due parole della lingua visayana, «Toktok» (bussare) e «Hangyo» (richiedere)) con cui la polizia invita le persone coinvolte nel traffico o nell’uso di droga a costituirsi. Al 29 ottobre 2016 sono circa 700.000 le persone che si sono «arrese« (surrenders, come vengono comunemente riferite nei rapporti ufficiali) alla polizia.

Il merito di Duterte è quello di aver affrontato un problema che da tempo affligge il paese e che nessuna delle cinque amministrazioni succedutesi dopo la presidenza Marcos aveva mai pensato seriamente di risolvere. La popolazione appoggia il presidente e crede nel suo operato, con stime che in alcuni casi sfiorano anche il 90%.

Ma le fasce povere della popolazione sono le più colpite dalla guerra alla droga e le associazioni per i diritti umani si sono unite in una coalizione, iDefend, per offrire assistenza e chiedere al governo di cessare le uccisioni extra giudiziarie.

La proposta di iDefend è di adottare un approccio olistico per risolvere il problema della droga, che consenta di far fronte anche al processo di riabilitazione dei tossicodipendenti con nuovi centri da affiancare ai 44 accreditati dal Dipartimento della Sanitá, ormai congestionati. Il Dipartimento della Sanità stima che che tra l’1% e il 10% delle persone che si sono «arrese» necessiterà di un processo di riabilitazione.

 

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Conception street, Manila: ufficiale di polizia sulla scena del crimine (© Marco Leonardi)

 

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Caloocan, Metro Manila: un operatore della polizia si riposa durante il trasporto di un corpo (© Marco Leonardi)

 

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B. Villanueva, capitano del barangay Escopa 3, a Quezon City, dove nessuno è stato ancora ucciso perché Villanueva ha avviato una mediazione con la polizia, facendosi carico del percorso di chi optava per la «resa». Ora si sta adoperando per mettere in contatto queste persone con degli imprenditori locali in modo da trovare loro un lavoro (© Marco Leonardi)

 

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Nanay Huling con sua figlia, che combatte per riprendersi da un trauma subito quando era in Cina per lavoro. Il figlio di Huling è sulla lista dei consumatori. Vivono con altre cinque persone in questa stanza di circa 12 metri quadri (© Marco Leonardi)

 

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Quezon City, Metro Manila: braccialetto con il nome del presidente Rodrigo Duterte utilizzato in campagna elettorale (© Marco Leonardi)

 

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Stand della polizia per la raccolta firme a supporto della «guerra contro la droga» davanti al centro commerciale SM Mega Mall (© Marco Leonardi)

 

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Caloocan, Metro Manila: un ufficiale di polizia della Scene of the Crime Operatives (S.O.C.O.) impegnato nei rilevamenti sul luogo del delitto. L’uomo nella foto è rimasto ucciso insieme ad altre tre persone durante un’operazione della polizia. Nelle tasche di tutti e tre sarebbero state rinvenute delle dosi di shaboo  (© Marco Leonardi)

 

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Emily mostra la foto di suo figlio Jervy, ucciso da vigilantes non identificati il 29-7- 2016, quasi sicuramente per uno scambio di persona (© Marco Leonardi)

 

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Discorso di Rodrigo Duterte trasmesso da 24 oras visto su un autobus di linea a Manila (© Marco Leonardi)

 

 

Quezon City, Manila NCR, Philippines, 25/9/2016 Quezon city is one of the cities forming Manila Metro the Nation Capital Region (NCR). Is the most populous city in the Philippines and has been strongly affected by the ongoing war on drug with a death toll of 117 people at the moment of writing (3/10/2016, source ABS-CBN).
Vista di Quezon City, Metro Manila, la città più popolosa delle Filippine e una tra le più duramente colpite dalla «guerra alla droga» di Duterte. Solo qui ci sono stati finora 147 morti (© Marco Leonardi)

 

L’autore di queste foto

Marco Leonardi è fotogiornalista freelance. La sua fotografia si dedica in modo particolare alla decumentazione di minoranze sociali sottorappresentate. Durante gli studi di dottorato in ingegneria si specializza in fotografia documentaria conseguendo un master in fotogiornalismo presso l’Isfci di Roma. Vive e lavora a Roma, e sviluppa progetti a medio e lungo termine nella sua cittá natale e all’estero.