In Siria l’ultimo caso di poliomielite era stato registrato nel 1999. La guerra civile, l’accesso ostacolato o impedito in certe aree al personale medico incaricato del programma di vaccinazioni, ha fatto ripiombare il Paese indietro di decenni e riapparire una malattia altamente contagiosa per i bambini. L’Organizzazione mondiale della sanità ha confermato i casi di poliomielite nel nord-est della Siria di cui si parlava da alcuni giorni. Su un totale di 22 casi sospetti, le analisi hanno confermato che si tratta del virus della polio per dieci casi. E la malattia rischia di raggiungere anche gli Stati confinanti se si tiene conto  che migliaia di siriani continuano a lasciare la loro terra per sfuggire alla guerra civile.

Il virus della polio si è diffuso in particolare nella provincia orientale di Deir al Zour, una zona che da tempo, in gran parte, è sotto il controllo dei ribelli armati.  Prima del conflitto il tasso di immunizzazione in Siria era di oltre il 95%, ma negli ultimi due anni circa mezzo milione di bambini non sono stati vaccinati contro la polio e altre malattie.  Una vasta campagna di vaccinazioni è in corso nel paese con il sostegno dell’Onu  – l’obiettivo è quello di immunizzare 2,4 milioni di bambini  – ma le malattie virali corrono veloci durante le guerre e per Deir al Zour è stato fatale. Una nuova catastrofe si abbatte sulla Siria dove quasi otto milioni di persone sono precipitate in condizioni di povertà. Senza dimenticare gli oltre due milioni di profughi sparsi tra Turchia, Giordania e Libano e i cinque milioni di sfollati interni. A rischio sono soprattutto i 2,5 milioni di siriani intrappolati nelle zone dove si combatte che non sono raggiungibili dalle agenzie umanitarie. Pagano di più i piccoli: il 49%  non va più a scuola. Nel 2012 due milioni di bambini non hanno frequentato l’anno scolastico. E con l’inverno alle porte e la metà degli ospedali distrutta o chiusa, la penuria di medicine e la scarsità di cibo, si teme che morte e fame colpiscano duramente i civili, non pochi dei quali vivono in edifici gravemente danneggiati senza i servizi essenziali. Le distruzioni in Siria sono immense. Per ricostruire case e infrastrutture ci vorranno almeno 30 miliardi di dollari.

Cade nel vuoto l’esortazione alle parti in lotta ad andare alla conferenza di Ginevra 2 a fine novembre lanciata dall’inviato delle Nazioni Unite e della Lega araba, Lakhdar Brahimi, in missione a Damasco. Il rischio è la “somalizzazione” del conflitto, ha spiegato Brahimi che ha anche ribadito la convinzione che il presidente siriano Assad può fornire un contributo per una “nuova” Siria anche se non come leader. Un paio di giorni fa, intervistato da Jeune Afrique, aveva spiegato che l’accordo sull’eliminazione delle armi chimiche tra Russia e gli Usa, alla quale la Siria ha accettato di collaborare, ha fatto sì che Assad sia «diventato un partner». «Bashar – aveva aggiunto Brahimi – non è mai stato disarcionato e dunque non c’è alcuna ragione di pensarlo…molti di coloro che gravitano attorno a lui considerano un fatto acquisito la sua candidatura (alle elezioni presidenziali del 2014)». «Quello che dico a voce alta a tutti i siriani – aveva concluso l’inviato – è che dopo una crisi come questa non si può tornare indietro. Il presidente Assad può contribuire alla transizione dalla Siria di prima, quella di suo padre e sua, a quella che chiamo la nuova Repubblica di Siria».

E’ una posizione di compromesso tra il presidente Assad, che ha espresso forti dubbi sulla sostanza di Ginevra 2 ma è pronto ai negoziati – «la Siria prenderà parte alla conferenza perche’ crede nell’esclusivo diritto del suo popolo  di decidere il suo futuro politico e scegliere i suoi dirigenti», ha detto ieri il ministro degli esteri Walid Muallem dopo l’incontro con Brahimi – e l’opposizione che continua, sotto la pressione incessante dell’Arabia saudita, a rifiutare la partecipazione alla conferenza senza la “garanzia” che Assad non sarà in alcun modo parte del futuro della Siria. Ufficialmente la Coalizione Nazionale dell’opposizione non ha ancora deciso se prendere parte a Ginevra 2 o meno. Lo farà il prossimo 9 novembre ma è alto il rischio che la sua posizione intransigente faccia fallire il tentativo russo-americano di favorire uno sbocco politico alla crisi siriana. D’altronde non è neanche assicurato che una volta prese delle decisioni a Ginevra si riesca a farle rispettare dalla galassia dei gruppi armati (pseudo) laici e jihadisti pagati e armati dall’Occidente, da alcuni Paesi arabi e dalla Turchia per combattere contro l’Esercito siriano. Qualche giorno fa 19 gruppi di opposizione hanno annunciato il loro rifiuto di Ginevra 2 e addirittura minacciato chiunque prenderà parte alla conferenza.