La Gronda di ponente, da progetto «inutile e possibilmente da abbandonare» a qualcosa che «se si deve fare si farà». Nel giro di un mese è talmente mutata la posizione del ministro dei trasporti e delle infrastrutture Danilo Toninelli che c’è da aspettarsi un’ulteriore svolta grandoperista dagli esponenti di governo del M5S. All’inizio di agosto, durante un’audizione alla camera, Toninelli aveva dichiarato che «la Gronda, come il terzo valico» erano in «un elenco di opere da sottoporre a revisione complessiva, inclusa l’ipotesi di abbandono». Al contrario l’affermazione di ieri, durante l’inaugurazione del Salone Nautico di Genova, è di apertura e fa il paio con quanto dichiarato qualche settimana fa, nei giorni dopo il crollo di ponte Morandi, dal vicepremier Luigi Di Maio: «È agli atti che il progetto della gronda è bandito e partirà». Ipse dixit.

La questione del raddoppio autostradale di Genova, un progetto di cui si parla dagli anni Ottanta e per cui nei mesi precedenti al disastro erano state espletate tutte le procedure necessarie (ai trasporti c’era Delrio), è tornata al centro delle polemiche che neppure erano trascorse 24 ore da quella mattina del 14 agosto.
Riconosciuta come opera di interesse nazionale nel 2017, i cantieri avrebbero dovuto partire – secondo i piani di Autostrade – nel 2019.

Quei 4,3 miliardi di spesa per 72 chilometri di tragitto, 23 gallerie e 13 nuovi viadotti secondo l’economia e la politica ligure quasi all’unanimità (persino Rete a Sinistra in consiglio regionale aveva votato a favore dell’opera) avrebbero salvato Genova dagli ingorghi. Quasi all’unanimità. Perché il Movimento 5 Stelle non si è mai spostato dall’opzione zero. E Alice Salvatore, portavoce del M5S in regione Liguria, dopo la distruzione del viadotto Polcevera, affermava: «Ora la Gronda è doppiamente inutile perché si raccordava al ponte, eravamo e siamo contrari, l’analisi costi-benefici dimostrerà le bontà delle nostri ragioni». Di questa analisi ieri Toninelli ha parlato: «Stiamo analizzando varie grandi opere – ha detto – tra cui quella, ma l’opera più necessaria per il paese è la miriade di interventi per mettere in sicurezza e mantenere le infrastrutture». Poi però ha aggiunto che «non c’è alcun tipo di pregiudizio nei confronti della gronda».

In questi termini, il ministro che meno di una settimana fa posava in selfie ironici scherzando sulla ricostruzione del ponte, non si era mai espresso e, a sorpresa, è parso essere sulla stessa lunghezza del suo sottosegretario Edoardo Rixi, genovese, leghista, favorevole a gronda e terzo valico.

A questo punto sembra sempre meno improbabile che nel totonomi per il futuro commissario per la ricostruzione ci sia anche quello di Iolanda Romano, già commissario straordinario per l’alta velocità Genova-Milano. Il suo profilo potrebbe non risultare così inviso alla componente M5S del governo gialloverde.

Nel decreto Genova di cui ieri Toninelli ha portato una bozza con sé la Gronda e il terzo valico non ci sono, ma il sindaco Marco Bucci, in consiglio comunale, ha dichiarato che le garanzie sulle grandi opere potrebbero essere inserite quando il decreto sarà convertito in legge. Il progetto esecutivo della gronda elaborato da Autostrade dovrà comunque essere rivisto dato che si basava sia sull’esistenza del viadotto sia sul pagamento dei pedaggi ad Aspi fino al 2042, anno che era stato fissato con una maxi proroga come termine per lo scadere della concessione. A questo punto, se il governo dovesse revocarla, dovrebbe essere il nuovo soggetto subentrante a farsi carico della costruzione. Ancora una volta sarebbe tutto da rifare.