Mentre l’Unione europea si dice preoccupata per l’aumento degli arrivi sulle coste greche di migranti in fuga dalla Turchia, ad Atene il nuovo governo di centrodestra del premier Kyriakos Mitsotakis vara un pacchetto di misure urgenti che dovrebbero servire ad arginare quella che ormai molti leggono come una nuova possibile crisi umanitaria. Misure che, se da una parte servono a decongestionare almeno in parte i centri di accoglienza che si trovano sulle isole dell’Egeo, veri e propri inferni come quello di Lesbos, dall’altra colpiscono i diritti dei profughi con una riforma dell’asilo che, sul modello italiano, punta ad abolire il ricorso in appello per coloro che si vedono respinta la domanda di protezione internazionale.

Da settimane Lesbos, Samos, Chios, Kos e Leros sono sempre più sotto pressione per i continui arrivi di imbarcazioni provenienti dalla vicina Turchia, al punto che la scorsa settimana il ministro degli Esteri Nikos Dendias ha convocato l’ambasciatore turco Burak Ozugergin per chiedere un maggiore impegno da parte di Ankara nel fermare le partenze, anche sulla base di quanto previsto dall’accordo siglato a marzo del 2016 con l’Unione europea. Un paradosso se si considera che, secondo alcuni osservatori, a spingere i migranti alla fuga sia proprio la repressione messa in atto dalla Turchia nei loro confronti oltre che la ripresa dei combattimenti in Siria.

Che la situazione sia comunque cambiata rispetto agli anni passati non ci sono dubbi. Dal primo gennaio al primo settembre sono stati 60.460 i migranti arrivati in Europa e di questi, secondo i dati forniti dall’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, più della metà, 33.999, sono giunti in Grecia contro i 18.758 della Spagna i 5.234 dell’Italia, i 1.585 arrivati a Malta e i 794 di Cipro. Numeri che hanno fatto salire a 84.000 i migranti presenti in Grecia, 19.900 dei quali solo sulle cinque isole dell’Egeo. L’apice si è toccato giovedì della settimana scorsa quando in un solo giorno sono arrivate a Lesbos 13 imbarcazioni con in tutto 540 persone, delle quali 240 erano minori. E altri 400 migranti sono arrivati nel fine settimana. Uomini, donne bambini che, almeno per qualche giorno, non hanno avuto altra alternativa che finire nel campo di Moria, una ex caserma in grado di accogliere fino a tremila persone e trasformata in un centro di accoglienza dove oggi trovano posto 11.000 disperati costretti a vivere in condizioni igieniche inesistenti e per di più nel terrore a causa delle numerose violenze che si verificano al suo interno.

Per fronteggiare l’emergenza sabato scorso Mitsotakis ha convocato il Consiglio per gli affari esteri e della difesa e varato un pacchetto di sette misure tra le quali il trasferimento sulla terraferma di una parte di coloro che si trovano sulle isole e in particolare di 160 minori non accompagnati per i quali dovrebbe essere facilitato il ricongiungimento con le famiglie, l’aumento dei controlli di polizia nelle isole alla ricerca di coloro ai quali non è stato riconosciuto il diritto di asilo e maggiori controlli in mare. Ma anche una riforma del diritto di asilo che punta ad accorciare i tempi di esame delle domande (quelle presentate fino a maggio sono 37.045). Chi si vedrà rifiutata la protezione internazionale non potrà più fare ricorso in tribunale, come accade ora, ma dovrà rivolgersi direttamente alla giustizia amministrativa. Una riforma che ricalca quella varata nel 2017 in Italia dagli allora ministri Pd Minniti e Orlando.

I primi trasferimenti da Moria sono già cominciati. 720 migranti sono arrivati ieri in nave fino a Salonicco e da lì trasferiti nei campi allestiti a Nea Kavala, vicino al confine con la Macedonia, Kilkis e in altre strutture. Temporaneamente saranno alloggiati in 200 tende in attesa di una sistemazione più stabile. Un’operazione che non ha mancato di suscitare perplessità tra gli operatori umanitari. «La situazione Moria è sicuramente terribile, ma la decisione del governo di spostare i migranti non risolve il problema del sovraffollamento. E’ più che altro un esercizio di propaganda», ha spiegato nei giorni scorsi uno di loro al quotidiano britannico Telegraph.